lunedì 10 marzo 2014

L'Impero Persiano dopo il 1500

La Persia costituì per svariati secoli il corridoio culturale tra Oriente ed Occidente e una meta ambita per molti invasori. Dopo 850 circa il crollo della dinastia Sasanide la nazione persiana subì più conquiste. Dapprima venne governata dagli Arabi, poi dai Turchi Selgiuchidi e quindi dai Mongoli. Verso il 1500 d.C. salì al potere una nuova dinastia che diede vigore ed unità alla nazione, e che gli diede quella conformazione attuale, che seppe difendere nei secoli a venire dagli attacchi aggressivi delle potenze europee.

Tre furono gli elementi che permisero alla Serbia di preservare la propria unità:

  1. la lingua, la tradizione e lo stile artistico resistette alle varie religioni e rimase invariato;

  2. la Persia era divenuta la roccaforte degli Sciti, ossia della setta islamica imamita che si opponeva ai Sunni (ortodossi);

  3. nel 1500 gli sciiti rinvigorirono le loro forze e accentrarono ulteriormente il governo della nazione, grazie anche a Ismail, che conquistò gran parte della Persia attuale e che ne divenne Scià (“re”) e che scelse come religione di stato il credo sciita imamita.


La dinastia Safavide, fondata da Islail, governò per 230 anni e contribuì a conservare la libertà della nazione. Non mancarono, ovviamente, i conflitti, come quello contro i Turchi ottomani, che già nel 1514 avevano iniziato i conflitti per questioni religiose e territoriali. Nei seguenti 200 e più anni di lotta i Persiani riuscirono a sopperire alle difficoltà economiche grazie all'attivo commercio con l'Europa. Nel 1505, solo dopo 19 anni che Diaz aveva scoperto la via marittima intorno al Sud Africa, i commercianti portoghesi avevano conquistato una base nel porto persiano di Hormuz, e quelli inglesi li seguirono. Conseguenza di ciò fu un aumento di prodotti persiani nel mercato europeo.

Al contempo gli Scià iniziarono una fervente attività artistica. Lo scià Abbas I (1587-1629) fece costruire la meravigliosa moschea di Isfahan, che, tutt'ora esistente, testimonia lo splendore culturale raggiunto dalla nazione sotto questo governante.

I Safavidi persero il potere nel 1722 a causa della loro incapacità governativa e per gli attacchi delle tribù dell'Afghanistan orientale. Lo stato persiano, però, resistette e sopravvisse grazie all'opera del condottiero Nadir Shah, che riuscì non solo a ricacciare indietro gli Afghani, ma anche a penetrare per un certo tempo nell'India settentrionale.

Nel 1794 nacque la dinastia dei Cagiari, che governò la nazione sino al 1925. questa nuova dinastia dovette fare i conti con le potenze europee: a nord si aveva la Russia sempre più aggressiva e vicina; a sud si aveva l'Inghilterra, che nel 1850 era praticamente proprietaria di tutta l'India. La Russia e l'Inghilterra attraverso trattati commerciali, concessioni e improvvise invasioni riuscirono a fondare delle forti sfere di influenza. La Russia al nord e l'Inghilterra al sud.

Lo scià capì che l potere poteva essere seriamente minato e modernizzo tutto l'apparato militare e le armi, ormai fuori moda. Capì, però, che non poteva confrontarsi con queste due grandi potenze, decise, allora, di inimicarle mediante le concessioni commerciali. La Persia, non solo resisteva agli Europei, ma iniziava a trarre vantaggi dalle innovazioni occidentali, come le strade russe e le linee telegrafiche inglesi che iniziavano a penetrare nel paese. A partire dal 1908 i persiani iniziarono a sfruttare gli immensi depositi anglo-persiani di petrolio disseminati nel paese. Ovviamente, gli influssi occidentali ebbero delle conseguenze nella tradizione e nella formazione di una nuova cultura. Lo scià dovette accettare la formazione di una Assemblea Nazionale e vide l'adozione di usi e costumi tipicamente occidentali. Ciononostante l'Iran (così come si può chiamare dal 1935) riuscì a conservare la propria indipendenza.

L'impero Ottomano

Nel 1600 d.C. i Turchi ottomani avevano un impero che si estendeva in tutta l'Europa sud-orientale e che comprendeva grande parte dell'antico Impero Islamico, al cui centro si aveva l'Asia Minore. Gli Ottomani avevano ereditato la cultura islamica precedente e come loro si sentivano superiori nei riguardi degli infedeli Europei, che, però, nel frattempo si organizzavano e sviluppavano, facendo valere la forza acquisita sulla gente turca.

I Turchi ottomani avevano fondato il proprio impero mediante la crudeltà e la violenza. Ciò valse a partire dal loro primo condottiero, Othman I (1290-1326), che fondò una dinastia destinata a governare per sei secoli e che iniziò a impadronirsi dell'Asia Minore occidentale, che apparteneva all'antico Impero Bizantino.

Con Solimano I il Magnifico (1520-1566) le conquiste giunsero al loro apice. A nord-ovest i Turchi, che avevano già preso l'Europa sud-oreintale, annientarono l'Ungheria e assediarono Vienna; a est sottomisero la Mesopotamia; a sud la loro flotta conquistò le coste occidentali dell'Arabia e a sud-est le loro truppe piegarono l'Africa settentrionale. Al vertice del potere si aveva il Sultano, che governava da Costantinopoli mediante un Gran Visir, ossia il capo dei ministri. Questi relegava il potere a 21 Pascià, responsabili delle altrettanto 21 regioni. Queste erano divise in 250 sangiaq. A capo di ognuna di essa si aveva un Bey.

L'impero contava 50 milioni di sudditi, divisi per razza e religione. I Turchi musulmani possedevano diritti negati ai sudditi si “II classe” Ebrei e Cristiani, che erano costretti a retribuire una tassa speciale e a non portare armi. Rimanevano, però, liberi di esercitare il proprio credo, tanto che il paese divenne meta di tutte quelle persone che volevano fuggire dalla Controriforma.

Solo in apparenza i Cristiani rischiavano la propria libertà con il sistema di reclutamento militare ottomano. Ed infatti, ogni anno venivano presi centinaia di giovani che, fatti schiavi, venivano convertiti al credo islamico e costretti ad arruolarsi. In realtà, però, questo sistema avvantaggiava sia gli schiavi che i soldati, ossia i giannizzeri (“nuovi soldati” da yeniceri). Essi divennero l'entusiastico nucleo dei fortunati eserciti ottomani. Anche in campo politico vennero dati migliaia di posti governativi a schiavi che si erano dimostrati valevoli.

Sotto il governo di Solimano l'Impero Ottomano raggiunse il suo apogeo. Le città vennero arricchite di scuole, ponti, bagni pubblici, acquedotti e moschee. Notevole fu quella di Suleymaniyye, che superava persino quella di S. Sofia. Ciononostante già nel 1600 l'Impero Ottomano inizia un inerrestabile declino. Esso venne dato fondamentalmente da tre motivi:

  1. i Sultani, sempre più vincolati nel loro potere dai Gran Visir, dai Giannizzeri e dai cortigiani, lasciarono che l'amministrazione passasse dalle mani di abili schiavi a quelle di Turchi corrotti ed incapaci, che, ricchi a sufficienza, riuscivano a “comprarsi” i cortigiani. Inoltre, i potenti Pascià approfittavano della situazione per sfidare, anche apertamente il Sultano;

  2. si fece avanti una grande crisi economica dettata dall'affluenza di oro ed argento dal Nuovo Mondo. Questo fece cadere di 4/5 il valore dell'aspro turco. Ciò fece cadere in miseria tutta la popolazione;

  3. i capi musulmani, nel cercare di rafforzare l'unità dell'Impero, bandirono le nuove idee e le invezioni occidentali.


Nel 1700 l'Impero Ottomano era già in piena decadenza e aveva perduto i territori dell'Ungheria. Solo le rivalità interne dell'Europa non ne sancirono la fine.

Nel 1800 i Sultani si resero conto del pericolo che rischiava il proprio paese e iniziarono a modernizzarlo. Ormai, però, era troppo tardi: nel 1914 i Turchi avevano perso tutta l'Africa settentrionale e l'Europa sud-orientale si era suddivisa in molte nazioni.



L'Europa entra in contatto con il mondo

Le prime civiltà ebbero vita verso il 3500 a.C. e sino a quasi il 1500 d.C. Esse si svilupparono in maniera quasi del tutto autonoma. Ed infatti, pur conoscendosi si ignoravano a vicenda e le barriere nazionali li costrinsero a svilupparsi in maniera del tutto indipendente.

Nel XV secolo, con le scoperte geografiche, si aprì un nuovo corso della storia. La Spagna e il Portogallo avevano tracciato delle nuove vie ed esse venivano seguite da missionari, soldati e commercianti provenienti da diversi paesi europei. Tra essi i più attivi erano la Repubblica Olandese, la Francia e l'Inghilterra.

Gli europei portarono guerra e distruzione in Africa, Asia ed America. I nuovi governanti sfruttarono al massimo e allo stremo i nuovi sudditi non-europei. Iniziò, comunque, un fertile scambio di tecnologie e di alimenti. Il vecchio mondo esportò nelle Americhe frumento, canna da zucchero, meli, cavalli, bovini, maiali, galline, strumenti in metallo, aratri, armi da fuoco e e fece conoscere l'uso della ruota e della stampa. Al contempo in Europa giungevano pomodori, granoturco, patate, cacao, tacchini e tabacco. Già nel XIX secolo si era capillarmente sviluppa una fitta rete commerciale che univa tutto il pianeta e di cui l'Europa era il massimo artefice e profittatore.

La cultura nel periodo dell'Assolutismo

Mentre nel Rinascimento l'arte rispecchiava il nuovo modo spirito di indagine di quell'epoca, nell'età dell'Assolutismo non si chiedeva più iniziativa di ricerca, ma obbedienza. Le arti rifletterono tale richiesta, anche perché gli artisti ricevevano protezione e sostegno dagli stati e dalla Chiesa. Si diede inizio, quindi, ad un periodo in cui l'arte fu ricca e stravagante: pontefici e regnanti si fecero costruire ville, chiese, palazzi e giardini di imponenti proporzioni e di grande magnificenza.

Vennero fondate dai monarchi, come Luigi XIV, una serie di Accademie. Ciò al fine sia di incentivare, ma anche di controllare, le arti. All'interno di esse, gli Accademici stabilivano le regole per correggere e approvare gli stili artistici.

Lo stile accettato fu quello neoclassico, che nella sua ferrea compostezza venne addolcita da nuovi toni emozionali. Si diffusero nella pittura e nella scultura i classici temi religiosi: la croce, l'aureola, il giglio, il teschio e lo sguardo estatico. L'arte di questo periodo più che decorativa, voleva essere realistica.

Artisti come Caravaggio e Frans Hals lavoravano da soli le proprie opere di carattere naturalistico. Al contempo, Rubens e Tintoretto creavano opere d'arte immense e di una tale imponenza da necessitare enormi studi e decine di assistenti.

In questo periodo matura il genio di Shakespeare, autore di opere drammatiche alla portata di tutti, dalle tematiche profonde e spiritose. Autori come Racine e Moliere, invece, scrivevano le proprie tragedie o satire per la corte del Re Sole.

Sembrava che nessuna concezione, seppur tanto grande e imponente, non potesse essere realizzata dagli artisti del tempo. Architetti come Caude Perrault e Giovanni Bernini costruirono edifici con decorazioni in pietra, e lavoravano come se il materiale fosse duttile e soffice. Il Bernini, che era anche scultore, scolpì in una sua opera delle enormi nuvole e le pose contro un insieme di canne in ottone che raffiguravano i raggi del Sole. Anche i giardini che circondavano i magnifici palazzi sembravano volere inviare un sono messaggio, e cioè il dominio dell'uomo sulla natura.

In musica si ebbe la nascita dell'orchestra e nel 1607 Claudio Monteverdi creò una delle prime orchestre per la rappresentazione del suo Orfeo. Nel corso del XVIII secolo grandi compositori come Bach, Mozart e Haydn scrissero concerti, oratori e messe.

I monarchi e gli ecclesiastici cattolici commissionarono le loro opere nel periodo detto barocco. Tale termine probabilmente deriva dal portoghese barocco: perla di forma strana. Il barocco volle realizzare una scultura ricca, chiese e palazzi superbi. Ciò perché si riteneva che tanto più magnificenti fossero tanto più prestigiosi risultavano.

Nel nord protestante, dove il potere dei nobili e dei borghesi era più forte a discapito dei monarchi, l'idea di un ornamento esagerato era ritenuto peccaminoso, oltre che stravagante. Quindi, in questi paesi troviamo uno stile più sobrio, meno grandioso e più affine al naturalismo. Stessa cosa valeva per l'architettura, che, in contrasto coi palazzi di ogni altra parte d'Europa, erano più dignitosi e trattenuti.

Nel corso del XVIII secolo le classi medie assunsero sempre più ricchezza e potere, tanto che queste influenzeranno lo stile artistico, di cui divennero mecenati e protettori.

Il XVIII secolo fu il periodo del razionalismo, che vide la borghesia avanzare delle istanze che debelleranno l'Assolutismo e che prepareranno il terreno alle “grandi rivoluzioni”.

La minaccia dei Turchi in Europa

Nel XVI e XVII secolo, mentre i re e i principi europei erano intenti a combattersi in dure lotte per la supremazia, si faceva avanti una nuova minaccia (l'Impero Ottomano) per le coste del Mediterraneo e per le regioni centrali ed orientali del continente. Questo impero viveva alterne vicende, dettate dalle varie e perenne lotte interne tra i sultani ed i parenti per la supremazia. Le cose cambiarono quando salì al trono il grande Solimano il Magnifico (1520-1566), che riunì tutto l'impero e volse le sue mire espansionistiche verso l'Europa, che costituiva una facile preda.

Solimano, approfittando della guerra tra la Francia con l'Austria e la Spagna, si spinse nell'Europa centrale e marciò sullo stato indipendente dell'Ungheria. Conquistata Belgrado nel 1521, si aprì la strada per le pianure ungheresi.

Gli Ungheresi vennero spezzati dalle armi ottomane nella battaglia di Mohacs. Ciò fatto, però, Solimano non poté consolidare la conquista perché si dovava occupare della nuova minaccia proveniente dalla Persia.

Nel frattempo, però, in condottiero ottomano aveva conquistato la base navale di Rodi. Carlo V, coll'intento di liberare il Mediterraneo dagli infedeli musulmani, riunì le flotte di Spagna, Venezia e degli Stati Pontifici in una grande allenza.

Ciononostante gli europei vennero sconfitti a Prevesa nel 1538 dal grande comandante della flotta turca Khair ad Din, conosciuto in Europa con ilnome di “Barbarossa”. Solimano, in seguito, con una seconda campagna militare conquistò nel 1541 tutta l'Ungheria.

Dopo la morte di Solimano l'avanzata turca si arrestò e l'Impero Ottomano iniziò a vacillare sotto gli attacchi degli Europei. Nel 1571 papa Pio V organizzò una “Lega Sacra” delle potenze navali per contrattaccare i Turchi. Al comando di Don Giovanni d'Austria, nel corso dell'ultima battaglia navale, la flotta della Lega Sacra piegò i Turchi nel Golfo di Lepanto.

L'Impero Turco rimaneva, comunque, ancora una pericolosa minaccia e gli Ottomani continuarono a combattere contro Venezia, la Polonia e l'Austria. Il successo però non giunse ai musulmani per vari motivi: troppa corruzione, infinite contese interne e mancanza di validi governatori della casata ottomana dopo la fine del XVI secolo.

L'amministrazione del governo di fatto era passato nelle mani dei ministri, che erano minacciati dagli spietati Giannizzeri, ossia dalle guardie di palazzo, assetati di potere al pari dei ministri.

Nel XVII secolo i Turchi perseverarono nella guerra contro la decadente Venezia, che un tempo si era arricchita coi propri traffici in oriente e che ora combatteva una guerra persa in partenza per il possesso delle isole di Corfù e di Creta.

Verso la fine del secolo i Turchi cercarono nuovamente di allargarsi verso il nord sino alla Polonia e ad ovest sino all'Austria.

Il potere era tutto concentrato nelle mani del ministro del Sultano, il Gran Visir Qara Mustafà, che comandò nel 1683 un grande esercito contro Vienna.

L'assedio contro la città durò un mese e quando sembrava che questa stesse cedendo agli attacchi spietati dei musulmani, il coraggioso e valoroso re di Polonia Sobieski giunse con le milizie alleate polacche ed austriache per liberare la città.

I Turchi vennero presi alla sprovvista alle spalle e vennero del tutto sbaragliati. In seguito, il principe Eugenio di Savoia li cacciò del tutto dall'Austria.

Nel 1684 la città di Venezia si alleò con l'Austria e la Polonia per respingere ancora più indietro gli Ottomani. Il tutto ebbe termine con la firma del trattato di Karlowitz (1699). Con esso l'Impero Ottomano cedeva il territorio conquistato a nord del Danubio e consegnava l'Ungheria agli Asburgo.

L'Impero Ottomano si estendeva dalla Grecia sino all'Africa settentrionale. La sua forza, però, si era di molto indebolita. Divenne “il malato d'Europa”. Le lotte interne date dalle ribellioni dei sudditi verso il Sultano non ebbero mai termine e i suoi territori, che si trovavano sulla via che conduce all'Oriente, erano guardati con desiderio dalla Russia, dalla Francia, dall'Austria e dall'Inghilterra. Ormai, la minaccia ottomana per gli Europei era del tutto finita, e iniziava la minaccia europea per la Turchia.



La rivoluzione inglese

Dopo estenuanti lotte dinastiche tra le case regnanti rivali, Enrico VII (1485-1509) riuscì ad insediare al trono la propria famiglia, i Tudor.

Molti furono i nobili che persero la vita in guerra. La Camera dei Comuni, formata da nobili fondiari e mercanti, era la sola che potesse controllare l'operato del monarca e che potesse decidere i tributi da assegnare al re per l'amministrazione dello stato.

Si creò una certa tensione tra il popolo e il monarca con Enrico VIII (1509-1547). Egli, infatti, impose per la prima volta al paese il Protestantesimo. La figlia Maria, invece (1553-1558) cercò di far rivivere il Cattolicesimo. La regina Elisabetta I (1558-1603), invece, fu assertrice di un Protestantesimo moderato. Quest'ultimo trovò il favore di tutti.

Durante il regno di Elisabetta I vi fu un significativo sviluppo economico e culturale. L'arte rifiorì e molti avventurosi capitani conquistarono nuove terre e gloria alla nazione.

Alla fine del regno di Elisabetta I, i Comuni, sempre più potenti, iniziarono a mettere in discussione la supremazia della regina su di essi e sulla Chiesa. Il fermento crebbe sotto Giacomo I Stuart (1603-1625), che affermava che la famiglia Stuart regnava sia sull'Inghilterra che sulla Scozia per “diritto divino”. Ciò significava che essi erano al di sopra di ogni legge umana. Per sua fortuna il paese prosperava in economia e sapere, e, quindi, non aveva necessità di interpellare troppo il Parlamento, ossia la Camera dei Lord e la Camera dei Comuni) per governare le due nazioni. Quando, però, il figlio Carlo I (1625-1649) entrò in guerra contro la Francia e la Germania, dovette convocare il Parlamento nel 1625 per approvare la nuova tassazione per le campagne militari. In questo momento di svelava se l'idea degli Stuart di una monarchia assoluta fosse realmente realizzabile.

I Comuni cercarono di utilizzare il proprio potere al fine di potere tenere sotto controllo il potere monarchico. Essi promisero di dare il denaro necessario per le guerre solo se avesse governato in maniera meno autoritaria. Carlo cedette solo per avere il denaro, ma in seguito non mantenne la parola data. Inoltre, i membri dei Comuni rifiutavano l'autorità del monarca sulla Chiesa e non accettavano il suo potere di nominare i vescovi. Il re giunse all'esasperazione e nel 1642 decise di raccogliere un esercito e muovere contro il Parlamento. Non riuscì, però a catturare i capi.

La guerra ebbe alterne vicende sino a quando l'esercito del Parlamento non venne trasformato da Oliver Cromwell in una milizia bene armata, ben pagata e ben organizzata.

Nel 1645 Carlo I perse la battaglia di Naseby e i suoi sostenitori vennero messi in fugga. Nonostante ciò Carlo I poteva ancora conservare la corona se non si fosse ostinato nelle sue posizioni. Appoggiato dagli alleati scozzesi, continuò la sua battaglia per l'assolutismo. La lotta finì con la totale sconfitta dei monarchici e con la condanna a morte di Carlo I nel 1649. tutta l'Europa rimase atterrita di tale episodio, perché mai nessuno regnante era stato trattato in questo modo.

Il potere passò a Cromwell, uomo implacabile, religioso sino al fanatismo. Divenuto capo, rafforzò la legge, l'ordine e il Puritanesimo. Il suo governo si estese dal 1653 al 1658. le sue forze armate godettero di prestigio e rispetto sia in patria che all'estero. Alla sua morte venne invitato a ritornare in patria il figlio di Carlo I, Carlo II (1660-1685), costretto dopo i disgraziati eventi a riparare in Francia. Egli accettò le forti limitazioni che ne minarono i 20 anni di assolutismo precedenti. Il suo governo fu discreto e fortemente avversario al Puritanesimo.

Il successore di Carlo II, Giacomo II (1685-1688) cercò di riportare il cattolicesimo. La sua scelta risultò infelice e causo nuovamente la lotta tra monarchia e Parlamento.

I Comuni ed i nobili volevano evitare inutili spargimenti di sangue e, a tal fine, offersero la corona alla figlia di Giacomo, Maria, e a suo marito, il principe protestante Guglielmo d'Orange governatore delle Province Unite.

Guglielmo, quindi, giunse in Inghilterra con il proprio esercito. Giacomo II, vedendo che non gli fu opposta alcuna resistenza, andò a riparare in Francia.

Da questo momento in poi divenne chiaro che la monarchia assoluta inglese era giunta al termine e le tasse, l'esercito e gli affari della Chiesa erano sanciti dal Parlamento che agiva in nome del sovrano. Vennero, pertanto, gettate le basi per la Monarchia costituzionale. Nel 1707 la regina Anna (1702-1714), ultima monarca Stuart, unì l'Inghilterra e la Scozia, mediante un accordo comune, in un solo regno, la Gran Bretagna.



Nasce l'Olanda

I Paesi Bassi facevano parte dell'impero di Carlo V d'Asburgo e di suo figlio Filippo II di Spagna ed erano dei territori molto ricchi e prosperi. L'economia era molto florida e si basava su una florida pesca e agricoltura, su superbi lavori artigianali, tessiture, costruzioni marittime e commercio marittimo. Di notevole ricchezza erano le città di Anversa, Amsterdam, Gand, Bruges e Bruxelles. I Paesi Bassi infine era il paese con una delle più eccellenti flotte dell'Europa. Con essa venivano trasportati, scambiate e vendute merci in ogni zona dell'occidente e dell'oriente.

I Paesi Bassi erano formati da 17 paesi economicamente prosperi. Essi erano una fonte di ricchezza vitale per gli Asburgo. Sotto Carlo V la richiesta di tributi aumentarono notevolmente e la lotta contro i Protestanti si inasprì di molto. La conseguenza di ciò fu una prima sommossa nella città di Gand. Nel 1568, sotto il regno di Filippo II, l'inquisizione inferocì su tutta la popolazione e le truppe spagnole si distinsero per la crudeltà. Il malcontento sfociò in una rivolta molto più estesa. Nel 1567 la rivoluzione venne sedata crudelmente dal Duca d'Alba, inviato nei Paesi Bassi per l'occasione. Il popolo venne decimato e anche i nobili vennero duramente trucidati. Le tasse aumentarono ulteriormente e il governo divenne ancora più spietato. Ciò causò una II rivoluzione, ancora più estesa e fervente della precedente.

Nel 1572 i ribelli dei Paesi Bassi si impossessarono dei porti strategici di Briel e di Flessinga e li trasformarono in teste di ponte della rivolta. La provincia olandese iniziò una ferrea lotta per liberarsi dal potere asburgico. Le città di Leida e di Alkmaar scacciarono gli Spagnoli tagliando le dighe di protezione ed allagando le campagne circostanti. La città di Haarlem fu costretta ad arrendersi, ma solo dopo un lunghissimo assedio.

I Paesi Bassi collaborarono per l'indipendenza nonostante le differenze religiose. Nelle regioni del sud (il Belgio odierno), però, la maggioranza era cattolica e vedeva di cattivo occhio il popolare principe Guglielmo di Orange, un condottiero e politico del nord. Nel 1579 essi si rifiutarono di fare nuovamente parte della ribellione e firmarono la pace con Filippo II. Nel frattempo, lo stesso anno, otto province del nord si riunirono e formarono l'Unione di Utrecht e dichiararono la loro indipendenza dalla Spagna. Le nuove Province Unite (chiamate anche col nome di Repubblica Olandese) continuarono la loro lotta sotto la guida dell'Olanda. Nel 1584 lo sviluppo delle Province Unite ebbe un freno perché venne assassinato il Principe Guglielmo d'Orange. La Spgana approfittò della morte per riconquistare il territorio perduto. Nel 1588 Filippo II fece un errore fatale. Egli, infatti, visto che l'Inghilterra stava inviando rinforzi alle Province Unite, decise di invaderla con una grande flotta (l'Invincibile Armada). La guerra, però, si dimostrò un completo disastro e Filippo si trovò nella condizione di avere bisogno di soldati e soldi anche per continuare la guerra nei soli Paesi Bassi. Nel 1598 Filippo II morì. Le Province Unite approfittarono dell'occasione per firmare una pace con la Spagna di 12 anni. Essa terminò allo scadere dell'armistizio e l'Olanda collezionò una serie di vittorie che portarono alla firma della Pace di Westfalia (1648) con cui la Spagna riconobbe loro l'indipendenza.

Una volta finita l'ostilità con gli Asburgo, le Province Unite continuarono a prosperare. Vi furono delle contese interne dettate dal fatto che alcuni volevano una maggiore unione, mentre altre non erano di tale parere. Gradualmente, però, tutte le province accettarono di costituirsi in una sola nazione, soprattutto quando si ebbero a capo due condottieri della casa d'Orange, e cioè il Principe Maurizio (1587-1625) e il Principe Guglielmo III (1672-1702). Essi con il titolo di statolder (governatori) furono in pratica dei re.

Il XVII secolo fu un secolo particolarmente fortunato per le Province Unite, che videro il sorgere delle compagnie commerciali del Baltico e delle Indie Orientali ed Occidentali, che resero ricchi i loro azionisti. In patria, nel frattempo, le arti ebbero un magnifico sviluppo, in particolare la pittura, incoraggiata da ricchi mercanti.

Per mantenere la supremazia commerciale assunta nel XVII secolo, le Province Unite dovettero fare i conti con le nazioni rivali (Inghilterra, Svezia, Portogallo e Francia). I nobili ed i mercanti olandesi, però, erano ormai interessati più ai celeri guadagni che al prestigio nazionale. Ciò provocò la fine dell'Olanda come grande potenza.



La nascita delle grandi monarchie del nord-Europa

La Svezia, il Brandeburgo-Prussia e la Russia si presentarono come grandi potenze nel XVII secolo. I monarchi di questi paesi capirono che la loro forza poteva provenire solo dall'esercito.

La Svezia si staccò dalla Norvegia e dalla Danimarca sotto Gustavo Vasa (1523-1560). Gustavo, ansioso di rafforzare il proprio stato nazionale, si impossessò delle terre della Chiesa e dichiarò l'istituto monarchico ereditario e il protestantesimo.

Nel 1611 salì al trono l'ambizioso Gustavo Adolfo che mosse guerra contro la Russia (1611-1617) e contro la Polonia (1621-1629) con l'intento di dominare tutto il Mar Baltico. Ciò gli fece conquistare molti territori. Quando con la guerra dei trent'anni sembrava che la Germania dovesse minacciare il suo paese, Gustavo Adolfo si fece paladino della causa protestante e riportò tutta una serie di vittorie che ebbero fine solo con la sua morte, avvenuta a Lutzen. Il segreto dei suoi successi furono dovuti essenzialmente alle trasformazione che apportò all'esercito. Ed infatti, lo organizzò in piccole unità mobili dotati di cannoni leggeri che sparavano a mitraglia. Inoltre, dotò i suoi ufficiali di cannocchiali e di carte geografiche.

Sotto il monarca Carlo X (1654-1660) e Carlo XI (1660-1697) la politica espansionistica e di aggressione continuò. Carlo XII (1697-1718) seguì i suoi precedessori ed aggredì la Russia marciando su Mosca. La Svezia, però, perse la guerra di Poltava e la guerra si rivelò un disastro da questo momento in poi la Svezia perse la posizione di potenza dominante.

In Germania la situazione politica si presentava in maniera molto frastagliata. Nel XVII secolo, però, tra tutti questi piccoli staterelli indipendenti si fece strada la potente famiglia degli Hohenzollern. Gli Hohenzollern erano principi elettori di Brandeburgo e i loro contadini vivevano una situazione feudale sotto gli Junker. Con vari matrimoni strategici essi si erano impossessati dei ducati di Prussia e di Cleve e della contea di Mark, i cui cittadini erano abituati ad autogovernarsi.

Federico Guglielmo Hohenzollern (1640-1688) spezzò questa tradizione e diede agli Junker tutte le cariche amministrative. Nel 1701 il figlio di Federico III (1688-1713), ormai sicuro della propria potenza e del prestigio acquisito, si proclamò re di Prussia.

Grazie a guerre vittoriose e ad una intelligente ed astuta diplomazia la Prussia si estese ancora di più, in special modo sotto il regno di Feederico il Grande (1740-1786). la nazione crebbe in ricchezza e in sviluppo e la dinastia, dopo aver unificato sotto il proprio governo tutta la Germania, regnò sino al 1918.

la Russia sino al XVII secolo era un paese fondamentalmente continentale, sempre trafitto da lotte interne tra re e nobili e perennemente minacciata dalle invasioni dei popoli confinanti. La Svezia e il Baltico erano una barriera tra la Russia e il Baltico, mentre a sud si avevano i fieri e bellicosi Tartari, che governavano intorno al Mar Nero. La situazione iniziò a mutare con lo Zar Pietro Romanov, detto più tardi Pietro il Grande. Egli salì al potere nel 1689 e, capendo l'importanza del possesso di un porto, mosse guerra i Tartari con un esercito di 30.000 uomini. La Russia riuscì ad impossessarsi del porto di Azov nel 1696.

L'anno successivo Pietro il Grande fece un viaggio in Europa. Egli rimase impressionato dalle innovazioni tecnologiche e dallo sviluppo di questi stati. Decise, quindi, di invitare un migliaio di artigiani stranieri in Russia affinché insegnassero le arti ai suoi sudditi . Inoltre, affidò l'amministrazione ad uomini capaci, tra cui Francesi e Prussiani.

Pietro il Grande, però, non si accontentava solo del piccolo porto di Azov e voleva ad ogni costo un porto sul Baltico. A tal fine era pronto a muovere guerra anche contro la Svezia. Nel 1709 piegò la Svezia a Poltava e si impadronì della Lettonia, dell'Estonia e di molte isole del Baltico. Nel frattempo fondò la città di Pietroburgo (oggi Leningrado) e qui vi trasferì la capitale da Mosca. Egli diede un notevole impulso allo sviluppo del commercio, delle comunicazioni e delle forze militari. Alla sua morte (1725) egli lasciava uno stato che si annoverava tra le grandi potenze mondiali.



Il secolo d'oro della Francia

Il periodo compreso tra il 1600-1700 è il secolo di maggiore sviluppo della Francia. Ciò grazie ai suoi re, che portarono al massimo apogeo la nazione. Nel 1610 il monarca Enrico IV venne assassinato da un fanatico religioso, Francois Ravaillac. Il figlio ed erede Luigi XIII salì al potere alla tenera età di 9 anni. Immediatamente i nobili di corte iniziarono a tessere intrighi per accaparrarsi vantaggi. Nel frattempo, i Protestanti francesi, gli ugonotti, chiedevano maggiori libertà politiche. Il pase rischiava di cadere nel caos. A salvare la situazione fu il grande politico ed uomo di stato Richelieu. Il Cardinale Richelieu fu a capo di un vittorioso assedio del 1628 contro La Rochelle, roccaforte dei ribelli Ugonotti. A corte indebolì il potere nobiliare a vantaggio di quella della monarchia. Venne creata una classe di burocrati, gli Intendenti, che amministravano gli affari interni in nome del re. Negli affari esterni, invece, riuscì ad avere l'alleanza della Svezia e della Repubblica Olandese, entrambe avversarie del potere asburgico. Alla morte di Luigi XIII salì al trono Luigi XIV, anch'egli di giovane età. Come I ministro, invece, si ebbe Mazarino, che educato a tal fine da Richelieu, lo sostituì dopo la sua morte.

Mazarino mantenne le alleanze con le potenze contrarie agli Asburgo e riuscì a mantenere forte il potere del monarca a discapito di quello nobiliare. Sia Richelieu che Mazarino ritenevano, infatti, che la Francia potesse continuare a prosperare solo se al potere si aveva un forte governo comandato da un solo uomo.

Alla morte di Mazarino (1661), Luigi XIV seppe scegliere con dovizia e perspicacia i ministri ed i comandanti militari, tanto che sotto di lui il regno di Francia e il Palazzo di Versailles divennero la meraviglia invidiata da tutta l'Europa. Lo stesso Luigi XIV venne chiamato “Re Sole” per lo splendore con cui si circondava. In seguito decise di liberarsi per sempre di quella minoranza, gli Ugonotti, che lo osteggiava. A tal fine li perseguitò e li sterminò barbaramente del tutto nel 1685.

in questo periodo la Francia raggiunse il suo apice e la sua massima austerità. Ciò grazie anche all'opera del Controllore Generale delle Finanze, Jean Colbert. Questi incentivò lo sviluppo di fabbriche tessili, di stagno e di acciaio. Inoltre, incoraggiò lo sviluppo delle compagnie marittime e controllò con zelo che le tasse venissero correttamente pagate e versate alle casse dello stato. Luigi XIV, infatti, aveva bisogno di grande liquidità per sostenere quelle guerre di aggressione che aveva intenzione di condurre. A tale scopo il ministro della Guerra Francois Louvois mise insieme un grande esercito i cui generali e ingegneri fecero dell'arte della guerra una scienza.

Le ambizioni militari di Luigi XIV, però, lo portarono a distruggere i suoi precedenti successi. Ed infatti, anche se aveva vinto le guerre combattute tra il 1688-1698, i paesi confinanti si erano allarmati per le sue vittorie. Paesi come Austria, Spagna, Svezia, i Principi Tedeschi, Inghilterra e Repubblica Olandese diedero vita ad un'alleanza (1688-1697) che costrinse Luigi XIV ad abbandonare molte delle conquiste effettuate. Le potenze europee si allearono contro di lui nuovamente nel 1701, quando, dopo la morte di Carlo II di Spagna, egli ne aveva reclamato la successione per il nipote Filippo. Luigi XIV alla fine riuscì a raggiungere il suo intento, ma la Francia dovette sostenere una guerra che, durata sino al 1714, ne prostò l'economia così tanto da impoverirla.

Dopo la morte di Luigi XIV finì il periodo aureo, soprattutto perché i suoi successori non furono all'altezza dei precedenti monarchi. Infine, nel 1789, lo scontento nazionale esplose con la Rivoluzione Francese.

L'impero degli Asburgo

Habichts Burg, ossia il “Castello del falco”, era un castello del X secolo situato in un territorio collocato in una zona dell'attuale Svizzera. Questo edificio fu la culla originaria della famiglia da cui discendono tutti gli imperatori della dinastia degli Asburgo. Nel medioevo la Germania era un insieme di piccoli stati. Sette di essi erano governati da principi più potenti, tra cui tre arcivescovi. Essi formavano il cosiddetto gruppo degli “elettori”, ossia di coloro che avevano il potere di eleggere il principe tedesco, cui il papa avrebbe conferito di imperatore del Sacro Romano Impero. Nel 1273 venne eletto a tale carica un Asburgo, il conte Rodolfo, che diede vita ad una lunga storia imperiale, che li vide conquistatori dell'Austria, dove si insediarono in maniera stabile a Vienna. Nel corso del XIV e XV secolo essi divennero, mediante guerre e una sagace diplomazia, la casa dominante dell'Austria e dei paesi limitrofi. Il loro potere assunse una tale forza da divenire indiscutibile il fatto che il titolo di imperatore andasse a loro. Il prestigio accrebbe ulteriormente nel XVI secolo con due brillanti matrimoni: con il primo essi ottennero la Franca Contea ed i Paesi Bassi e con il secondo la Spagna. Nel frattempo, il comandante militare Hernan Cortes, tra il 1519 e il 1521, conquistò la nazione azteca del Messico e fra il 1531 e il 1535 un altro spagnolo, Francisco Pizzarro aveva conquistato gli Incas del Perù. Da quel momento in poi tutte le ricchezze dell'America centrale e meridionale confluiranno nelle mani di Carlo V, signore del più vasto impero del mondo, vincitore a Pavia sul suo maggiore rivale Francesco I di Francia. Carlo V fu costretto, però, a risolvere la questione sorta con Martin Lutero che aveva convinto moltissimi suoi sostenitori che si potesse fare a meno dei sacerdoti e dei pontifici. In Germania il movimento degli Anabattisti era andato molto oltre, affermando che tutti i contadini e gli artigiani dovessero ribellarsi ai signori della Chiesa e dello stato. Gli Asburgo decisero che queste forze separatiste dovevano essere debellate anche con il sangue. Carlo V nel fare ciò si alleò con la Controriforma. Nonostante le iniziative volte a soffocare le libertà personali, non riuscì nel suo intento, e cioè nel mantenere intatta la potenza assoluta degli Asburgo. La battaglia contro i protestanti fu così dura da limitare e fermare lo sviluppo della scienza e del commercio. Stanco di governare un così vasto impero, Carlo V abdicò nel 1556 e si ritirò in un convento. I territori austriaci e il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero passarono al fratello Ferdinando I (1556-1564). Mentre la Spagna e i possedimenti italiani andarono al figlio Filippo II (1556-1598). Si diede così inizio a due dinastie separate. Gli Inglesi ripresero a saccheggiare i porti spagnoli dell'America meridionale. Mentre i Paesi Bassi combatterono ed ottennero l'indipendenza. L'Austria, inoltre, dovette combattere contro i Turchi, sia in mare che in terra. La Francia, infine, al termine del XVII secolo diveniva una potenza politica molto più forte della Spagna e dell'Austria. In Germania il potere asburgico venne fortemente minato dalla guerra dei 30 anni (1618-1648). Anche se parte del primitivo potere riapparve, dopo la sconfitta dei Turchi alle porte di Vienna. in Spagna, invece, il sovrano aveva troppo contato sulle ricchezze provenienti dalle colonie americane. Cosa che aveva indebolito l'economia interna, di cui loro non si preoccuparono.



L'età dell'Assolutismo

Dalla fine del XV secolo sino a quasi la fine del XVIII secolo l'Europa vide il sorgere di nazioni, che vennero unificate da monarchi che chiedevano ai sudditi completa obbedienza. Questi regnanti iniziarono ad assoggettare i piccoli principati, le baronie e le città ribelli. Nel medioevo i re erano stati sfidati dai grandi feudatari, che ne minarono il potere e, a volte, finirono per spodestarli. Già nel XVII secolo le cose erano profondamente cambiate e i governanti avevano concentrato il potere nelle proprie mani. A tal fine avevano utilizzato gli eserciti, i matrimoni dinastici ed una sagace diplomazia. A tal punto, i regnanti si combatterono l'uno contro l'altro per la supremazia sia nel commercio che sui territori appena conquistati.

Lo sviluppo del commercio aveva fatto sì che in Europa si rafforzassero le corporazioni e le classi dei mercanti. Questi acquisirono una tale ricchezza da riuscire a prestare con interesse del denaro ai monarchi. Essi erano sempre in dissesto economico per le continue guerre e, d'altra parte, cercarono di togliere alla nobiltà, ai borghesi e alle corporazioni ogni influenza di governo. I sovrani, inoltre, erano di fatto i padroni della chiesa entro i confini del loro regno, e solo per scopi meramente politici si erano alleati al Cattolicesimo. La grandezza dei re era dimostrata dal loro successo in guerra, dalle capacità di annientare gli oppositori politici e religiosi e dalla magnificenza delle loro corti. In Inghilterra e nei Paesi Bassi il potere dei regnanti, invece, era diminuito in questi tre secoli.



Le guerre di religione

La lotta di fede e di dottrine rea Cattolici e Protestanti si trasformò in guerra nella II metà del XVI secolo. In Francia, nei Paesi Bassi e più tardi in Germania, i regnati iniziarono a sterminare gli eretici protestanti. I Protestanti tentarono, da parte loro, ad ottenere il dominio all'interno dei loro stati. Tra il 1550 e il 1650 l'Europa fu afflitta da una serie di guerre che di religioso spesso avevano ben poco, e il cui reale pretesto erano le ambizioni politiche di diversi personaggi. Entro il 1550 in Francia la gran parte della popolazione si era convertita al Protestantesimo. I convertiti prendevano il nome di Ugonotti, e molti di essi appartenevano alla classe nobiliare, alcuni dei quali erano imparentati con il sovrano. L'espansione del Protestantesimo avvenne in un momento molto particolare della monarchia cattolica francese, ossia quando alla morte di Enrico II (1559) erano seguiti i tre figli di questo. Essi erano deboli e malaticci, e nessuno di essi lasciò un erede. Il potere, pertanto, passò gradualmente alla madre, Caterina dé Medici, donna indecisa, e ai sui confidenti, i De Guise, ferventi cattolici.

Gli odi religiosi si trasformarono in guerre civili, che ebbe il suo culmine nella notte di San Bartolomeo del 1572, quando la folla decimò migliaia di Ugonotti. Si pensa che sia stata la stessa Caterina dè Medici ad ordinarla per annientare per sempre l'eresia protestante.

Nel 1589 il re cattolico Enrico III venne assassinato. A questi seguì l'ugonotto Enrico IV (1589-1610). il nuovo re protestante accettò formalmente il Cattolicesimo, capendo che questa era la sola iniziativa che potesse garantire pace ed unità al suo paese. L'Editto di Nantes (1589) garantiva la libertà di culto e dava pieni poteri alle minoranze protestanti. In tal modo cessarono per un secolo le lotte religiose.

Cosa diversa fu in Spagna, dove il re Filippo II usò tutto ciò che era in suo potere per restaurare il Cattolicesimo in Spagna e nei Paesi Bassi, che si trovavano allora sotto il governo spagnolo. Riuscì nel suo intento nella Spagna, ma non nei Paesi Bassi, che videro le province settentrionali proclamare la propria indipendenza. Elisabetta I si trovò, quindi, a combattere su più fronti e nel 1588 la sua invincibile armata venne sconfitta dagli Inglesi. In seguito le navi olandesi domineranno il commercio mercantile europeo. In Germania il conflitto religioso tardò perché le forze cattoliche non erano ancora ben salde. La situazione cambiò con l'imperatore Ferdinando II d'Asburgo. Questi diede inizio alla cosiddetta guerra dei 30 anni (1618-1648), con la quale venne annientato il Protestantesimo nel regno di Boemia. Il sovrano Ferdinando vantava l'opera del valente generale Albrecht von Wollenstein e sembrava che fosse lì per lì per soverchiare tutti i principi protestanti. Le cose cambiarono per lui drammaticamente con l'entrata in guerra a fianco dei protestanti di re Gustavo Adolfo di Svezia, che appoggiò la causa degli eretici perché si sentiva minacciato dalle vittorie della vicina Germania. Gustavo guidò il suo esercito in Germania e distrusse ogni cosa gli si poneva innanzi. Così' sino al 1632, anno della sua morte nella battaglia di Lutzen. Iniziarono a giungere aiuti ai protestanti dalla Francia, governata dal I ministro Richelien. Egli era cattolico ed aveva sterminato gli eretici protestanti in Francia. Li appoggiava, però, in Germania perché mirava ad abbattere la potenza dei cattolici Asburgo, rivale della Francia. La guerra si protrasse sino al 1648, quando venne firmata la pace di Westfalia, con essa si cercò di sistemare le contese poltiche tra Svezia, Paesi Bassi, Austria, Francia e Spagna. La Germania uscì dal conflitto stremata e divisa. La Francia, invece, si avviava a divenire la più potente nazione d'Europa.



La controriforma

La Riforma protestante portò necessariamente la Chiesa ad organizzare una Controriforma, che, iniziata nel 1530, aveva l'intento di arrestare l'avanzata dei protestanti e di dare nuovamente unità alla Chiesa. La rinascita iniziò in maniera spontanea con l'affermarsi di un movimento religioso fondato in Spagna dal grande arcivescovo di Toledo, il cardinale Jimenez (1436-1517). egli scrisse un trattato sulla preghiera e fece della Spagna la più importante nazione della Controriforma. In Italia si ebbe un altro movimento spontaneo di persone pie che, attraverso l'esempio della vita devota, si proponevano di migliorare la moralità del clero. Essi, nel 1524, fondarono una società chiamata Oratorio del Divino Amore. Fu grazie a questi movimenti spontanei che il Cattolicesimo si salvò. Si ebbero, inoltre, la diffusione di nuovi ordini religiosi, come i cappuccini. Questi erano frati francescani che fondarono nel 1528 un nuovo ordine. Essi vivevano in totale povertà, osservavano una ferrea e severa disciplina e praticavano una incessante opera di predicazione. Vi furono anche grandi condottieri, come il famoso Ignazio di Loyola (1491-1556). Questi fu, in un primo tempo, soldato. Dopo, dal 1528 al 1534, studiò teologia. In questo periodo raccolse intorno a sé un gruppo di uomini colti dal carattere forte. Con essi si recò a Roma per offrire i suoi servigi al Papa e per combattere contro i Protestanti. Impressionato dalla sincerità e dalle doti del gruppo, papa Paolo III diede loro l'autorizzazione per fondare un nuovo ordine religioso, la Compagnia di Gesù. I Gesuiti, com evennero chiamati, furono organizzati da Loyola secondo uno schema militare: a capo si aveva un “generale” e sotto di lui, con gradi diversi, gli “ufficiali”. La severa disciplina unita al fervore religioso, resero i Gesuiti un'organizzazione forte, che ebbe il coraggio di riaffermare la dottrina cattolica in tutta l'Europa, anche in Inghilterra, dove molti di essi vennero uccisi. Molti missionari geuisti viaggiarono in tutto il mondo, anche nell'America meridionale ed in Giappone. Il più grande missionario gesuita fu Francesco Saverio (1506-1552) che, avendo convertito miglia di asiatici, venne detto “l'apostolo d'oriente”.

Nel 1545 il papa Paolo III indisse il Concilio di Trento, che aveva l'intento di eliminare la crisi createsi all'interno della Chiesa, di superare i disappunti tra Cattolici e Protestanti per conciliarli e di togliere dal Cattolicesimo ogni abuso. Non si riuscì però a giungere a degli accordi e si giunse alla definitiva separazione tra la Chiesa Protestante e quella Cattolica Romana. Il Concilio venne chiuso nel 1563 e vennero riformate il sistema delle nomine e la disciplina. Venne riaffermata la dottrina cattolica e il complesso dei doveri ecclesiastici. La Spagna divenne la patria dell'Inquisizione e il portavoce di essa fu il re spagnolo Filippo II (1556-1598). Grandi furono gli ispanici S. Teresa d'Avile e S. Giovanni della Croce.



La Riforma

Con il rinascimento la mentalità europea era cambiata di molto. Stessa cosa non si può dire della Chiesa. Essa rimaneva corrotta, fortemente interessata ai beni materiali e alle questioni temporali. Si era diffusa, inoltre, l'uso di vendere indulgenze, ossia di benefici ultraterreni in cambio di denaro. Coloro che si scagliavano contro l'ecclesiale si rifacevano agli scritti degli umanisti cristiani, che predicavano un ritorno alla Cristianità dell'inizio e che polemizzavano contro le superstizioni medievali e contro il lusso della Corte Papale.

Il portavoce di questa lotta fu Martin Lutero (1483-1546), un monaco tedesco agostiniano, che iniziò a diffondere una nuova dottrina che minava alla base l'autorità della Chiesa. Lo studio della Bibbia lo aveva convinto del fatto che non si aveva bisogno di mediatori tra essa e l'uomo. Ciò perché tra l'uomo e la Bibbia si aveva un rapporto diretto. Inoltre, per Lutero la salvezza non deriva dalle “buone opere”, ma soltanto dalla fede. Nel 1517 attaccò la vendita delle indulgenze con l'affissione delle sue 95 tesi sulla porta della Chiesa di Wittenberg.

Entro il 1521 egli aveva provocato una vera e propria ribellione contro l'autorità papale e la dottrina cattolica in tutta la Germania. I suoi seguaci fondarono una chiesa “riformata”, ossia separata, i cui membri vennero chiamati “Protestanti” perché la Chiesa Luterana era sorta per protesta a quella cattolica.

La Chiesa Luterana mantenne molti dogmi e pratiche cattoliche, ma si rimetteva alla sola guida della Bibbia e non alle decisioni dei papi. Condannava come superstizioni i pellegrinaggi, i digiuni, la venerazione dei santi e delle reliquie, e consentiva al clero di sposarsi.

In Germania il Protestantesimo fece scoppiare una vera e propria guerra civile tra i principi, che sostenevano Lutero per impadronirsi delle terre della Chiesa, e l'imperatore del Sacro Romano Impero.

Nel 1540 Carlo V dichiara guerra ai principi, ma con la Pace di Augusta del 1555, si vide costretto a concedere ai principi la libertà di culto, a cui i sudditi dovevano sottostare. Quando venne firmata la pace il Luteranesimo si era diffuso in quasi tutta la Germania settentrionale e in parte della Scandinavia. In Francia ed in Svizzera si ebbe un altro protagonista della Riforma, Giovanni Calvino (1509-1564). Egli elaborò una dottrina ancora più dura di Lutero. Affermava che la salvezza non dipendeva dalle opere, ma dalla predestinazione. Inoltre, riteneva che le regole evangeliche dovessero essere imposte con la legge. Quando la città indipendente di Ginevra si convertì al Calvinismo, ne divennero amministratori i pastori, che divulgarono il credo al di fuori di questo centro urbano. Già prima della scomparsa di Calvino, il Calvinismo si era affermato in gran parte della Svizzera ed in alcune città francesi. In Scozia era diffusissimo grazie all'opera del pastore John Knox (1515-1572). I mercanti in tutte queste nazioni appoggiavano il Calvinismo perché esso affermava che la ricchezza guadagnata con il lavoro era un segno della grazia divina. In Inghilterra il protestantesimo si diffuse per vie del tutto diverse, che ebbero come fautore il re Enrico VIII. Egli nel 1534, per ragioni politiche e personali, ruppe con la Chiesa di Roma e si dichiarò capo della Chiesa Inglese. Già nel 1600 si era affermata la Chiesa Anglicana, sorta come compromesso tra i dogmi della Chiesa cattolica e del protestantesimo. Vi furono, però, in Inghilterra uomini che vollero operare un taglio netto con il passato. Erano questi i puritani, che adottarono le idee di Lutero e di Calvino. Austria, Portogallo, Spagna, Italia e la maggior parte della Francia rimasero al di fuori di queste dispute.

Le scoperte geografiche nel rinascimento

Il rinascimento fu un periodo di grandi scoperte, invogliate dalla necessità dei sovrani di trovare nuove vie commerciali con l'Oriente asiatico, dopo che questo era stato preso dai Mamelucchi in Egitto e dal 1450 dagli Ottomani.

A tal fine si ebbe un nuovo interesse per le scienze nautiche e cartografiche. Sino ad allora non era stata sviluppata alcuna tecnologia che potesse aiutare l'uomo ad orientarsi in alto mare, anche se ai tempi di Cristoforo Colombo erano conosciuti l'astrolabio e il quadrante. Questi strumenti permettevano di misurare l'altezza del Sole e delle stelle rispetto all'orizzonte; il che permetteva di conoscere la latitudine. Non si avevano invece strumenti che permettessero di conoscere la longitudine. Era conosciuta la bussola e si avevano delle carte geografiche del mondo allora conosciuto.

Nel 1560 Gerardo Mercatore inventò un metodo di proiezione che permetteva di seguire con facilità la rotta segnata dalla bussola e le navi vennero perfezionate per i lunghi tragitti. Quelli esistenti erano inadatte per le grandi traversate. Basta pensare alle galee a remi e ai vascelli con le vele quadre, che potevano navigare solo se il vento era favorevole. I Portoghesi copiarono le imbarcazione degli Arabi, che, dotate di tre vele triangolari, navigavano anche con il vento a prua. Gli Europei, allora, costruirono navi con vele quadre e con una triangolare sistemata a poppa.

I Portoghesi furono i veri pionieri nelle scoperte geografiche, e il loro primo successo fu il commercio di oro e di schiavi con l'Africa occidentale.

Già nel 1418 il principe Enrico il Navigatore inviò uomini alla ricerca di nuove vie commerciali in Africa. L'impresa ebbe successo ed invogliò a spingersi ancora più a sud: nel 1488 Bartolomeo Dias doppiò il Capo di Buona Speranza e 10 anni dopo Vasco da Gama raggiunse l'India.

Il Portogallo iniziò ad accumulare ricchezza con 'importazione di seta, spezie e merci asiatiche provenienti dalle coste indiane. Mentre i Portoghesi inviavano uomini in Oriente, la Spagna non stava di certo a guardare, e cercò nuove vie marittime inviando uomini a Occidente, alla ricerca di percorsi commerciali transatlantici verso la Cina e le Indie. Nel 1492 Colombo credette erroneamente che le Bahama fossero le isole a largo della costa atlantica. I navigatori che seguirono il genovese, come Amerigo Vespucci (1497) e Ferdinando Magellano (1519) provarono invece che tra l'Europa e l'Asia esisteva un altro continente. La Spagna invase tutto il territorio americano, dal quale ricavò una grande quantità di oro ed argento. Queste scoperte avevano arricchito il Portogallo e la Spagna. Il mediterraneo, invece, perdeva la propria posizione di centro di incontri commerciali e il monopolio veneziano sulle spezie crollò per la rivale nazione del Portogallo. Il mediterraneo, comunque, si arricchì, grazie anche ai nuovi prodotti (cacao, tabacco, tacchini, granoturco e patate) e alla grande quantità di metalli preziosi che confluivano dalle Americhe.

Portogallo e Spagna non riuscirono però a mantenere la propria supremazia commerciale e Cadice e Lisbona dovettero cedere il passo alle fiorenti città di Amsterdam, Anversa, Bristol e Londra.

Il Rinascimento in nord – Europa

Nell'Europa settentrionale il rinascimento ebbe diffusione più lenta. Ciò perché qui la civiltà medievale aveva ancora radici salde e profonde. Inoltre, la fede religiosa popolare in Germania e nei Paesi Bassi si diffuse soltanto nel Basso Medioevo., rendendo più difficile l'accettazione della laicità rinascimentale italiana.

Ciò non significa, però, che i nordici non fecero passi in tal senso. Anzi. Ben presto anche loro cominciarono ad ammirare a copiare il nuovo sapere che si era sviluppato in Italia, e molte personalità si recarono nella nostra nazione per conoscere questa meravigliosa cultura.

Il tedesco Albrecht Durer (1471-1528) imparò in Italia a trattare la figura, così come Kan van Eyck, fiammingo, imparò la prospettiva.

Del tutto “nordica”, invece, fu l'invenzione della stampa. Fautore fu Joham Gutenberg di Mangonza, che nel 1447 elaborò un metodo di stampa con caratteri mobili, di legno scolpito o di metallo fuso, che, utilizzabile più volte, rese la stampa più celere e meno costosa.

La caratteristica peculiare del rinascimento nordico fu quello di essere una riscoperta del più puro ed antico Cristianesimo. La riscoperta degli antichi manoscritti greci del Nuovo Testamento fecero sorgere in Inghilterra e nei Paesi Bassi una voglia di approfondire la Bibbia e la lingua greca.

L'umanista John Colet (1467-1529) elaborò le proprie lezioni direttamente su una antica lettera in Greco di San Paolo, senza alcun aiuto dei commentari. Ciò permise di avere una reale conoscenza della prima Chiesa Cristiana. Come conseguenza si ebbe il fatto che molti intellettuali si recarono a visita in Inghilterra e nel 1499 vi giunse il più grande di tutti, Erasmo da Rotterdam.

Desiderio Erasmo (1466-1536) sperimentò la vita monastica e si recò a Parigi per studiare teologia. Fu una personalità arguta, di spirito vivace ed indagatore. Dopo aver letto i testi sulla dottrina cristiana, spostò i suoi interessi sui testi greci e latini. Conobbe un mondo nuovo, molto più ampio e razionale, che lui volle mettere al servizio della Cristianità. Fu in continuo contatto con le personalità più importanti del tempo e nel 1516 diede alla stampa la I edizione del Nuovo Testamento in lingua originale greca. Egli fu assertore di un Cristianesimo fondato sulla ragione e sul “buon senso”. Fu in costante rapporto epistolare con Lutero, ma si distaccò da esso dopo che questi si allontanò dalla Chiesa Cattolica. Ciò perché Erasmo credeva nell'unione tra ragione, umanesimo e Cristianesimo Cattolico. Il rinascimento dell'Europa settentrionale ed occidentale fu avido di sapere e verso la fine del XVI secolo sviluppò un'arte che giunse a rivaleggiare con quella italiana.

In Francia si ebbero i primi balletti alla corte di Caterina dè Medici; in Inghilterra il grande William Shakespeare e altri drammaturgi di periodo elisabettiano come Marlowe; sotto i Tudor si ebbero in musica compositori come Byrd e Bowland. In Spagna si ebbero gli autori drammatici Miguel de Cervantes e Lope de Vega all'inizio del XVII secolo. In Svezia, Paesi Bassi, Francia e Portogallo lo sviluppo delle arti rallentò per colpa delle lotte religiose. Ciononostante nel 1600 tutta l'Europa era in profondo cambiamento.

Rinascimento in Italia

Il pensiero risorgimentale ha certamente origine in Italia e ha come centro nevralgico Firenze, dove la famiglia dei Medici, che salì al potere verso la fine del XiV secolo, molto investì nelle arti. Cosimo dè Medici (1389-1464) adoperò le proprie ricchezze per sovvenzionare letterati ed artisti del suo tempo; il nipote Lorenzo continuò l'operato dello zio e il nipote di Lorenzo, Papa Leone X (1513-1521) trasformò la corte di Roma in un centro senza uguali in quanto a splendore e cultura.

Leone X fu uno dei tanti papi che incoraggiò ed investì sull'arte. Prima di lui vi fu Niccolo V (1447-1455) che aveva raccolto testi preziosi per la Biblioteca Vaticana; Giulio II (1503-1513) fu tra tutti i papi il più grande mecenate e aiutò e protesse artisti quali Raffaello e Michelangelo.

A Milano si aveva la famiglia Sforza. Essa circondò la corte di artisti eccelsi, come l'ingegnere e inventore Leonardo da Vinci. Gli Estensi, invece, avevano fatto di Ferrara un importantissimo centro artistico. Ogni grande città italiana ed ogni regione italiana diede vita a delle vere e proprie “scuole”, ciascuna delle quali ebbe i suoi maestri. I protagonisti del rinascimento furono la pittura e la scultura. I pittori cercarono delle tecniche nuove, come l'uso della prospettiva e una rappresentazione più realistica dell'uomo. Gli artisti, così come i letterati, spesso e volentieri si ispiravano a temi offerti da miti e leggende greco-romane. Basta pensare a Botticelli, Tiziano e Veronese. Architetti eccelsi come Brunelleschi, Palladio e Bramante costruirono chiese, palazzi e ville rifacendosi ai modelli greco-latini e riprendendone l'armonia e le proporzioni. Il risultato però fu del tutto nuovo.

Il rinascimento fu un periodo aureo per le arti: tra tutti due personalità si contraddistinsero: Leonardo da Vinci (1452-1519) e Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Leonardo fu una personalità eccelsa. Fu desideroso di conoscere l'intima natura delle cose; i suoi studi contengono schizzi di invenzioni, tra cui apparecchi per il volo, canali, una sega per il marmo ed una macchina per la fabbricazione della corda. Fu un immenso maestro di pittura e, insieme a Michelangelo, il maggior scultore del suo tempo. Con Leonardo condivise l'interesse per la scienza delle fortificazioni militari. Fu anche poeta e in tarda età disegnò i progetti per la Chiesa di San Pietro, una delle più splendide di tutta la Cristianità. Le nuove scoperte scientifiche unite alla ripresa del pensiero laico antico fece sì che si iniziasse ad elaborare un primo metodo scientifico, i cui risultati si misurano con l'osservazione e l'esperimento, e che vuole svincolarsi da dogmi e preconcetti.

Il mondo moderno

Il nome di Umanesimo e di Rinascimento indica una corrente culturale che ebbe un primo sviluppo nelle classi colte dell'Italia settentrionale del XIV secolo. Esso si diffuse nel XV secolo nella parte restante dell'Europa e significò molto di più di un mero sviluppo delle “arti”. Infatti, nella parola rinascimento è implicita una valutazione negativa del medioevo, visto come un periodo di crisi e di stasi. In realtà, non è così. Basta pensare che lo stile naturalistico della pittura rinascimentale ebbe come iniziatore Giotto (1266-1377). un aspetto del rinascimento del XIV-XV secolo è l'interesse verso il pensiero, la letteratura, la scultura e l'architettura greca e romana. Ciò significò la ripresa di idee e stili architettonici classici, che vennero rielaborati da sembrare del tutto nuovi. Sebbene vi fosse la ripresa degli archi di stile romano, e sebbene i romani stessi avessero copiato i Greci, il risultato finale fu espressione originale di un'epoca nuova.

I rimi intellettuali della nuova epoca, come Francesco Petrarca (1304-1374), scoprirono nei classici greci e latini un modo di vivere la vita in cui l'uomo ha una propria dignità. Iniziarono, quindi, le ricerche in tutta l'Europa occidentale al fine di reperire quei manoscritti che da lungo tempo erano andati perduti. Nel 1453, inoltre, entrarono in Europa una serie di scritti greci portati da coloro che fuggivano dagli attacchi dei Turchi all'impero di Bisanzio. Questi nuovi letterati presero il nome di Umanisti per il grande valore che attribuirono all'humanitas. Questo termine latino era utilizzato da Cicerone per indicare quella cultura che si esprime nelle belle lettere.

Gli umanisti cercarono di ricondurre le opere classiche alla loro forza originaria, e a tal fine iniziarono a perfezionare lo studio del latino e del greco classico. L'opera di ristrutturazione dei testi originali non fu certamente facile. Gli amanuensi, infatti, spesso avevano copiato i codici in maniera superficiale e con errori. Si cercò, quindi, di reperire le fonti originali. La rinascita culturale, la riscoperta dei classici e lo studio di essi fece sorgere una nuova consapevolezza all'uomo, che elaborò lo spirito critico in tutti i campi di ricerca, anche in quello religioso.

Il rinascimento si lega ad un nuovo assetto sociale e a quest'ultimo deve il suo sviluppo. La vita ora si concentrava nelle città e molte signorie governavano nell'Italia settentrionale, così come avveniva in tutta Europa con la crescita d'importanza dei centri urbani. Queste “citta-stato” crearono un sapere che non era più vincolato al religioso e che si affermava come prettamente laico.

Gli uomini avevano perso fiducia e rispetto verso una Chiesa che troppe volte si era rivelata corrotta e le nuove scoperte geografiche avevano aperto nuovi orizzonti che davano fiducia alle capacità razionali dell'uomo. L'uomo avvertì meno il bisogno del sostegno morale della Chiesa, che perse lentamente la sua influenza sull'intelletto dell'uomo. Tutti questi cambiamenti portarono ad un nuovo interesse per le opere classiche e il credo nell'uomo come colui che è al centro dell'universo. In politica si sviluppa un pensiero realistico, a tratti cinico. Me è massima espressione “Il Principe” di Niccolò Machiavelli (1469-1527), che afferma l'idea che la politica ha ben poco da vedere e a che fare con la morale. Scrive Machiavvelli che “un principe che vuol mantenere la sua posizione deve agire male quando è necessario”. Le sue teorie furono così dure e realistiche da portare anche Federico II di Prussia, suo estimatore, a scrivere un libro per attaccarle.

I cambiamenti del tardo medioevo

Nel tempo che intercorre tra l'inizio e la fine del medioevo si hanno una serie di cambiamenti che portano alla coltivazione di terreni ricavati da paludi, foreste e brughiere. Il commercio, un tempo stagnante, riprende vigore e isolate fattorie e borghi si erano trasformati in villaggi e città. Uno dei cambiamenti più tristi fu quello portato dalla Peste Nera in Europa dal 1347 al 1350. un terzo della popolazione, e in alcune zone anche di più, morì a causa di essa. La popolazione diminuì a dismisura, e i grandi proprietari terrieri, come avvenne in Inghilterra, furono costretti ad aumentare le paghe e, quando cercarono nuovamente di abbassarle, si ebbero rivolte e conflitti.

Stessa cosa avvenne in molte altre zone europee.

In realtà, la peste aveva soltanto accelerato un processo già in atto e dovuto essenzialmente al fatto che con l'agricoltura e il commercio più florido i signori possedevano un sovrappiù che potevano smerciare. Ciò fece sì che in Inghilterra e in Germania orientale i grandi proprietari terrieri comprassero le terre dei contadini, che riunite formarono delle enormi estensioni devolute alla sola pastorizia o alla sola coltivazione del grano.

Frumento e lana, esportati all'estero, arricchirono i grandi proprietari terrieri, che spesso vendevano queste terre ai ricchi mercanti, che formavano una nuova classe sociale: gli Junker in Germania e i Squires in Inghilterra. In pratica, la ricchezza ora si contava in denaro e non più in nascita.

Fu nel XIV secolo che si iniziarono ad affermare gli abitanti delle città, che, avendo una grande disponibilità di denaro, erano in grado di prestarlo ai sovrani, che lo utilizzavano per assoldare mercenari contro i vassalli sleali. Illustri cittadini divennero i consiglieri e gli assistenti amministrativi dei re.

Con la decadenza di Chiesa ed Impero si svilupparono le nazioni, che diedero vita a sentimenti di autonomia e formarono una lingua nazionale. Parte del decadimento è imputabile alla stessa Chiesa, che tra il 1378 e il 1417 vide due papi: uno a Roma e l'altro ad Avignone, in Francia.

Dello scontento della Chiesa si fecero portavoce due riformatori: l'inglese John Wycliffe (1320-1384) e il professore boemo Giovanni Hus (1369-1415 circa). Il primo attaccò il clero, perché corrotto e legato ai beni materiali, e le dottrine ed i dogmi della Chiesa, perché riteneva che l'unica autorità fosse rappresentata dalla Bibbia, che egli fece tradurre in Inglese. Il suo discepolo Hus fondò la Chiesa separata di Moravia. Cosa che gli costò la scomunica e la pena capitale. Ciò, però, preparò il terreno alla Riforma. Con l'indebolirsi del potere religioso si ebbe lo sviluppo di un pensiero laico libero, di cui fu iniziatore già Ruggero Bacone nel XIII secolo.

La civiltà del medioevo

La cultura accademica medioevale ha due punti di riferimento: il pensiero classico greco-latino, specialmente nella concezione aristotelica, e l'insegnamento della Chiesa.

Nel XII secolo in Europa iniziarono ad essere conosciute le opere dei pensatori greci. Essi vennero ripresi dagli Arabi e penetrarono attraverso di essi. I letterati dovettero fare i conti verso questo pensiero laico, che minava alcune argomentazioni delle dottrine cristiane. Si tentò, quindi, una conciliazione tra filosofia e teologia. Nacque la Scolastica, che costituì il movimento più importante del pensiero medievale. I primi pensatori come Anselmo, arcivescovo di Canterbury dal 1093 al 1097 e Pietro Abelardo, rettore dell'università di Parigi nel 1115 circa, impostarono le prime problematiche e le prime domande, ma non dettero tutte le soluzioni. Abelardo venne accusato addirittura di eresia per l'insistenza dei suoi quesiti. A conciliare la ragione e la religione fu Tommaso d'Aquino. Egli operò una poderosa sintesi di tutti gli insegnamenti e le conoscenze dell'epoca in un unico sistema, che rimane tuttora una pietra miliare della teologia cattolica romana.

Un altro grande pensatore di quel periodo fu Ruggero Bacone (1214-1294), il quale capì l'importanza dell'esperienza e della osservazione nella produzione di un sapere certo. I suoi studi possono considerarsi precursori del futuro metodo scientifico, anche se non trovarono molti consensi tra i contemporanei. Le attività di molti studiosi nascevano all'interno delle università, molte delle quali nate dalle cattedrali. Le prime università europee furono quella salernitana (X secolo), che operò studi di medicina in maniera laica; quella di Bologna e di Parigi (XII secolo).

Nelle corti, invece, si sviluppava soprattutto la letteratura, incentrata sulla poesia cavalleresca e d'amore.

Nella Francia del sud verso il 1100 abbiamo i trovatori, i primi che misero in versi i loro racconti. Questo movimento si diffuse anche in Germania ed ebbe come suo massimo esponente Walther von her Vogelweide.

I due massimi scrittori del tempo furono Dante Alighieri (1265-1321) e Geoffrey Chaucer (1340-1400 circa). Dante scrisse l'imperitura “Divina Commedia”, sintesi del mondo medievale nel dialetto toscano, che, per la grandissima diffusione dell'opera, si incamminò a divenire la lingua letteraria italiana. Anche Chaucer non scrisse in latino, ma in volgare, ed esattamente nel dialetto delle regioni centrali (Midlands) dell'Inghilterra. Questo volgare nativo venne ingentilito ed aggraziato con il francese parlato dall'aristocrazia normanna. I “Canterbury Tales” sono un quadro della vita quotidiana del suo tempo. Una vita del tutto diversa dalla nostra, in cui mancava la monotonia. I contadini dimenticavano la loro stanchezza nei giorni di mercato e nelle feste religiose, in cui si organizzavano divertimenti come lo spettacolo degli orsi e i combattimenti tra galli. Le piazze divenivano teatri all'aria aperta in cui si rappresentavano spettacoli e rappresentazioni sacre.

Venditori ambulanti, cantastorie, commedianti girovaghi, si spostavano di città in città raccontando storie di strane terre pagane al di là dei mari. Essi entrarono a far parte della cultura e delle leggende popolari europee. Tutto ciò aveva come sua massima influenza la Chiesa.

giovedì 6 marzo 2014

Lo sviluppo delle nazioni

Sino all'anno mille il Cristianesimo aveva costituito un legame comune. Nel quattro secoli successivi esso venne meno e i popoli europei iniziarono a separarsi in maniera netta. Nel corso del XII secolo alcuni potenti regnati avevano fondato con la forza nazioni quali la Danimarca, la Norvegia, la Svezia, la Polonia, l'Ungheria e l'Inghilterra. Spesso, il sovrano per mantenere il potere conquistato doveva continuare a combattere. Egli, infatti, solo nominalmente era il capo militare, il giudice supremo e il più grande proprietario terriero. Il suo governo era minato dai feudatari e vincolato all'aiuto militare di essi. I nobili, consapevoli della loro forza, avanzavano spesso delle istanze al re. In Inghilterra i baroni costrinsero nel 1215 il re Giovanni a firmare la Magna Carta, un documento che garantiva ai nobili detrminati diritti e privilegi. Inoltre, i re dovettero fare i conti anche contro il potere ecclesiastico, che tra gli imperatori ed i papi portò a delle vere lotte.
Nonostante le istanze dei nobili e del papato, alcuni sovrani riuscirono ad accrescere il proprio potere. È il caso del re di Francia Filippo Augusto (1180-1223) che si rese libero del potere nobiliare creando un proprio esercito che finanziò con le tasse.
Una volta che un sovrano stabilizzava il proprio potere in patria, era logico che iniziasse ad allargare le proprie mire espansionistiche al di fuori di essa.
Molti di questi conflitti medievali sorsero per questi motivi. Un esempio ci viene offerto dalla battaglia tra Francia ed Inghilterra. Dopo che i Normanni conquistarono l'Inghilterra, il loro potere si estendeva nell'isola Britannica e nella Francia settentrionale. Nel XIII secolo i re francesi possedevano meno territorio di quello inglese. Da ciò derivò la guerra dei cento anni (1338-1453). alla fine di essa il re di Francia rimase l'unico signore del suo paese. Mentre alcuni sovrani combattevano tra loro, altri cercavano di riconquistare quelle regioni che erano finite nelle mani degli eretici. In Spagna i sovrani cristiani del nord iniziarono a scendere per liberare le zone del sud dagli islamici. Nel 1238 quasi tutta la Spagna era tornata nelle mani dei sovrani di Castiglia, Aragona e Portogallo. Nel 1479 un matrimonio reale aveva unito i regni di Aragona e di Castiglia, gettando le basi per la nascita della futura Spagna. Nel 1492, con la caduta di Granata la riconquista venne del tutto terminata. Nel frattempo (1227-1228) era iniziata in Europa una sorta di crociata da parte dell'Ordine dei Cavalieri Teutonici. Essi avevano l'intento di convertire alla religione cristiana i non credenti e dal Sacro Romano Impero si spinsero ad est in Prussia, sino alle rive del Mar Baltico, dando vita a fiorenti comunità tedesche.
A quel tempo si stavano avendo delle grandi trasformazioni nell'Europa orientale: nel XIII secolo i Mongoli penetrarono nella Russia e si spinsero sino alla Germania. Questo popolo asiatico iniziò a detreggiare con la morte del Gran Khan, nel 1241. Solo nel 1480 il territorio venne del tutto liberato dai Mongoli. Sempre nel 1300 gli Ottomani iniziarono la conquista dei territori bizantini dell'Asia Minore. Nel 1350 avevano fatto propria l'Europa orientale e nel 1453 presero Costantinopoli. Nel Sacro Romano Impero ed in Italia si ebbero dei problemi interni. I feudatari ed i nobili non avevano permesso che la Germania si sviluppasse in maniera unitaria e in Italia le contese regionali avevano lasciato la nazione divisa in  tre parti:
1. le indipendenti città commerciali del nord;
2. il territorio papale del centro;
3. il sud, conteso tra gli Arabi, i Normanni, i Tedeschi ed i Francesi.
Da queste guerre e battaglie medioevali si ebbero l'emergere di quattro nazioni: Inghilterra, Francia, Portogallo e Spagna. 

Lotta tra pontefici ed imperatori

La Chiesa aveva costituito dopo la fine dell'Impero Romano un importantissimo collante per la comunità europea, ciò ne favorì la continua volontà espansionista e la rivendicazione del potere temporale. Gli imperatori del Sacro Romano Impero si sentivano gli eredi legittimi dell'Impero Romano. Per tale ragione pensarono che ad essi spettava il controllo della Chiesa. Queste istanze erano avvallate dal fatto che i sovrani spesso avevano eletto uomini al soglio pontificio. È chiaro, quindi, che la lotta tra queste due grandi istituzioni era inevitabile. La lotta ebbe come causa scatenante la disputa circa l'elezione dei vescovi. Fino all'XI secolo questi erano stati eletti o dagli imperatori o dai re. Nella maggior parte dei casi spesso i vescovadi venivano venduti ai migliori offerenti. Ciò era nell'interesse dei sovrani perché i feudi dei vescovi erano i più grandi e i più produttivi e i sovrani su di essi facevano affidamento sia per il sostentamento che per gli aiuti militari. Bisogna tenere presente, inoltre, che spesso i feudatari laici si erano rivelati sleali nei confronti dell'imperatore e del sovrano. Papa Gregorio VII (1073 – 1085) ritenne che l'elezione dei vescovi era compito esclusivo del papato e non dei sovrani, a cui venne proibita questa mansione. Nel 1076 l'imperatore tedesco Enrico IV rispose a tale editto con la convocazione del Concilio di Worms (Dieta di Worms). In esso si stabilì che l'atto del pontefice negava i diritti dell'imperatore, che, conseguentemente, si svincolava dal dargli qualsiasi tipo di obbedienza. 
Il papa per controbattere una tale decisione aveva due armi, la scomunica e l'interdetto. Con la prima il regnante veniva “tagliato fuori” dalla Chiesa insieme ai suoi seguaci, con il secondo si proibiva al clero della sua nazione di celebrare le funzioni. Il papa scelse la scomunica ed i nobili tedeschi si liberarono dal giuramento di fedeltà compiuto verso il sovrano, che, vedendosi tutto contro, fu costretto a chiedere il perdono al pontefice a Canossa.
Nel 1080, però, la battaglia riprese, e questa volta con le armi. Enrico IV scese a Roma con un antipapa che aveva eletto. Gregorio VII dovette fuggire e rifugiarsi nei Normanni dell'Italia meridionale, dove morì esule qualche anno dopo.
Dopo la morte dell'imperatore la lotta non ebbe fine  ed ebbe come protagonisti Enrico V (1106-1125) e papa Callisto II. Infine, nel 1122, si giunse ad un concordato firmato sempre nella città tedesca di Worms. Con esso Enrico V riconobbe il diritto papale di eleggere i vescovi, ai quali veniva concesso il potere secolare degli imperatori.
La lotta riprese con l'ambizioso imperatore Federico I Barbarrossa (1155-1190) che, ignorando le rimostranze del papa, scese con l'esercito nell'Italia settentrionale. Inoltre, lo stato pontificio era circondato dal nemico. Ciò perché il figlio di Barbarrossa aveva sposato la regina del Regno di Napoli e della Sicilia. Per circa un secolo i papi vissero circondati dal nemico e nella paura di essere schiacciati dal potere crescente del Sacro Romano Impero. Divenne evidente il fatto che senza aiuti militari i papi avevano ben poco da rivendicare. Gli aiuti giunsero nel 1266 con un esercito comandato dal principe francese Carlo d'Angiò, che, in cambio della promessa della Sicilia, sconfisse le armate tedesche in Italia e venne proclamato re di Napoli e re di Sicilia con il nome di Carlo I. terminava così il sogno di un impero unitario che unisse la Germania e la Sicilia e apparentemente i papi ottenevano una vittoria sugli imperatori. Tuttavia non fu una vera vittoria perché le lotte avevano indebolito il papato, che vide Federico I governare anche se il papa lo aveva scomunicato e Federico II sostenere la non validità del potere temporale del papato e la corruzione della Chiesa. 

La chiesa medievale

Un periodo di particolare splendore dell'episcopato fu tra il 1198-1216 con Innocenzo III. Egli seppe conciliare le istanze politiche con una profonda e fervente religiosità. Fu assertore della superiorità del potere spirituale su quello temporale e riteneva che il Papa, in quanto vicario di Cristo, dovesse avere il controllo su tutto, e non solo sulla Chiesa. Su di essa effettuò una riforma che limitò la libertà di elezione dei vescovi. Nel 1215 convocò il IV Concilio del Laterano. In esso venne deposto Ottone ed eletto Federico II e vennero emanate delle importanti riforme per il clero. Nel Medioevo anche il villaggio più piccolo aveva una chiesa, la cui rendita consisteva in un decimo del raccolto dei contadini e degli allevatori. Il clero, inoltre, possedeva fondi lasciati in eredità da nobili o da mercanti devoti. Si avevano molti ordini monastici. Attorno ai monasteri i monaci coltivavano terre con abilità ed autosufficienza. Riuscirono ad eliminare paludi e a rendere le foreste terreni coltivabili, costituendo un esempio economico per la cristianità.
La ricchezza e la potenza della Chiesa veniva espressa mediante le cattedrali. Vi sono esempi che tutt'ora lasciano meravigliati i turisti, come la cattedrale di Chartres in Francia, di Ulm in Germania e di Salisbury in Inghilterra.
Le chiese italiane precedenti all'XI secolo sono dette romaniche perché sono abbellite con archi a tutto sesto di derivazione romana. Questo stile artistico si duffuse in tutta l'Europa occidentale.
Durante il corso del XII-XIII secolo si ebbero delle innovazioni architettoniche come volte ad arco acuto sostenute da sottili colonne e contrafforti.
Gli episodi della Bibbia venivano illustrate all'interno con vetrate a colori e all'esterno con sculture. Nacque, quindi, un  nuovo stile architettonico, soprattutto nell'Europa settentrionale, che, allontanandosi dal romano, prese il nome di gotico, ossia di “barbaro”, e che così continuò ad essere chiamato anche quando se ne apprezzarono le forme. La Chiesa iniziò a vivere un processo di secolarizzazione, a cui diedero risposta due importanti ordini del XIII secolo: i monaci francescani ed i monaci domenicani. Essi predicarono il ritorno ad un Cristianesimo più povero e meno attaccato ai beni terreni. Sebbene nell'XI secolo la Chiesa dominasse la maggior parte del mondo laico, già un capo ne sfidò l'autorità.

L'agricoltura nel Basso Medioevo

Intorno al 1000 d.C. il 90% della popolazione era dedito all'agricoltura. Ciò perché essa veniva praticata in maniera rudimentale: la produzione era scarsa, mancavano gli strumenti e le tecniche progredite. I contadini producevano il minimo indispensabile per se stessi e per il proprio signore. L'artigianato era minimo, così come il commercio.
Nell'Europa medievale abbiamo, pertanto, dei territori del tutto autosufficienti: da di fuori veniva importato solo lo stretto necessario, ossia ferro, sale e generi di lusso per il Signore. Conseguentemente il denaro era quasi del tutto assente e le strade lasciate in rovina perché poco trafficate.
Questo sistema economico presentava dei forti svantaggi, come quello di non riuscire a sfamare la popolazione di un feudo in caso di cattivo raccolto. Ogni feudo aveva al potere un signore. Il feudo era costituito da terre fertile coltivata, da foreste e da una parte incolta della “terra comune”. Il feudatario ed i contadini utilizzavano tutti e tre i terreni. In pratica, si coltivava la terra fertile, si faceva pascolare il bestiame in quella incolta e si praticava la caccia di cervi e cinghiali selvatici nelle foreste.
Il signore divideva spesso la terra in tre “campi aperti”. Venivano chiamati così perché venivano recintati solo quando le messi erano in maturazione. Annualmente venivano coltivati due delle tre zone. L'altro campo veniva lasciato incolto. I prodotti più ricercati erano frumento, avena, segale, orzo e piselli. Un terzo del terreno veniva fatto riposare per fertilizzarlo. Cosa questa necessari perché si sconosceva l'uso di fertilizzanti chimici. Spesso il signore teneva per sé metà di questi terreni e il restante lo concedeva ai suoi vassalli e ai suoi contadini.
I poderi dei signori erano divisi in appezzamenti di 20X200 metri. Essi, in Piemonte, venivano chiamati “giornate”, dato che un paio di buoi impiegavano una giornata per ararli. I pesanti aratri di ferro venivano trainati da buoi e cavalli. Le uniche innovazioni tecnologiche furono i ferri da cavallo ed i finimenti. Quest'ultimi liberavano il cavallo dal giogo soffocante e ne quintuplicavano l'efficienza.
I contadini si distinguevano in fittavolo e colone. Il primo aveva in gestione terra sufficiente per sfamare se stesso e la sua famiglia. In cambio dell'usufrutto della terra, egli doveva al suo padrone due tipi di lavoro: lavoro settimanale e lavoro a richiesta. Il lavoro settimanale comprendeva due o tre giorni di lavoro nelle terre del signore, quello a richiesta, invece, veniva effettuato durante i periodi di maggiore necessità. Per esempio, durante il raccolto. In tal caso, un contadino poteva anche lavorare 5 giorni  alla settimana per il proprio padrone. I coloni teoricamente avevano meno lavoro rispetto ai fittavoli. In realtà, invece, lavoravano anche di più perché i loro terreni, essendo troppo piccoli, non soddisfavano le esigenze della famiglia e ciò li costringeva ad effettuare del lavoro extra per il proprio padrone. I servigi venivano chiamati corvees. Oltre ai servigi erano obbligati a dare anche uova e pollame, soprattutto a Natale e a Pasqua. 

Il feudalesimo

L'Europa dell'anni mille d.C. stava uscendo da quel periodo di crisi dato dalle invasioni barbariche dell'alto medioevo. La lotta tra le famiglie potenti, però, continuò ancora e da essa si ebbe la nascita di due classi: da una parte i guerrieri ben addestrati e dall'altra i contadini, che chiedevano protezione ai primi in cambio di viveri. Sorse, pertanto, il feudalesimo. Il termine deriva dal latino fedum, ossia la terra data in cambio di servigi. Esso ebbe come periodo di suo massimo sviluppo il medioevo. Si diffuse in diversi luoghi, anche se con dinamiche e durata diverse (ad esempio in gran parte dell'Europa orientale durò sino al XX secolo).
Le concessioni dei territori iniziò già nella parte finale dell'Impero Romano. Ciò perché esso non riusciva più a proteggerli dalle invasioni dei varbari. I piccoli propritari terrieri furono, pertanto, costretti a chiedere aiuto ai vicini più potenti, in cambio di servigi e prodotti della terra. I grandi proprietari terrieri, invece, pagavano l'aiuto militare necessario concedendo parte delle loro terre a quegli uomini d'armi che si assumevano il compito di difenderli da eventuali nemici.   Questo sistema venne adottato anche dai popoli germanici. Essi nel decimo secolo, grazie alla forza delle armi, erano divenuti, da capi barbari, re, che, coi loro poteri legislativi, giudiziari e militari, avevano portato il sistema feudale in Francia, in Germania, in Inghilterra ed in Scandinavia. 
Tutti i sistemi feudali avevano un aspetto in comune: il re era considerato il proprietario di tutto il territorio, che concedeva parte di essi (feudi) ai suoi vassalli, ossia  a nobili  che avevano ereditato il feudo o nobili che lo avevano guadagnato in cambio di servigi militari. Erano questi duchi, conti e abati. Questi, a loro volta, potevano avere dei loro vassalli. Alla base di questa piramide si avevano i contadini ed i servi. Le notizie più certe del medioevo ci vengono dal Domesday Book, “Il libro del giudizio universale”. Esso è un censimento fatto da Guglielmo I d'Inghilterra (1066-1087). Sebbene nominalmente Guglielmo avesse tutta quanta l'Inghilterra, in realtà ne aveva per sé una minima parte. Il rimanente era diviso tra 1500 nobili ed ecclesiastici (i grandi feudatari) che gli promisero fedeltà ed aiuto nell'amministrazione e nell'esercito. Questi, a loro volta, per riuscire a fornire le truppe, divisero le loro terre tra circa 8000 vassalli minori. La maggior parte di essi erano cavalieri che, in cambio di terra, promettevano prestazioni militari. Questi cavalieri dividevano le terre tra i contadini. I contadini potevano essere o liberi o servi della gleba. I primi erano persone che ottenevano terra in cambio di un parziale aiuto militare; i secondi erano coloro che in cambio di protezione avevano promesso obbedienza per tutta la vita. Essi erano il 95% del popolo, erano legati alla terra, così come i loro figli e la maggior parte del prodotto coltivato andava i signori. Potevano, comunque, allevare un proprio bestiame, anche se questo era sempre di diritto del padrone. 

Il medioevo in Europa

Nel Medioevo tra il 1000-1400 si ebbe un notevole cambiamento sia nella vita culturale che nella vita sociale di tutta quanta l'Europa. Ciò fu dovuto essenzialmente a due ragioni: lo sviluppo del commercio e l'espansione delle città. Il commercio europeo giunse in luoghi che sino ad allora non erano state mete economiche. Il baratto lasciò il posto alle negoziazioni in denaro. Ciò perché i commercianti potevano con più facilità trasportare il denaro.  I missionari seguirono le rete mercantili e la Chiesa Cattolica Romana divenne una istituzione internazionale, la cui autorità veniva riconosciuta dalla Norvegia alla Sicilia. I re medioevali, combattendo la Chiesa e combattendosi l'uno contro l'altro, misero le basi degli stati nazionali dell'Europa attuale. Su questo sistema economico, religioso e politico, l'Europa medioevale creò una cultura elevatissima, che ebbe come lingua di riferimento il latino. Ciò provocò una unione intellettuale in tutto l'Occidente. L'unità di pensiero e di arte viene testimoniato dalle grandi opere di filosofia, dalla scultura, dalle cattedrali, dai manoscritti miniati e dai ricchi arazzi.

Le civiltà del sud-America

 Molto probabilmente l'uomo vive nel sud-America da più di 50.000 anni. La prima civiltà, però, risale al 1000 a.C. e si sviluppa in una valle delle Ande. Qui gli indios costruirono una città coi muri di pietra, chiama Chavin.
Con il trascorrere del tempo essi fondarono un impero, e la loro arte e religione si diffuse nelle zone costiere pianeggianti dell'odierno Perù. 
Più tardi questa gente venne conquistata e ricevette l'influsso di un altro impero situato sulle montagne, che aveva il suo centro nella città di Tiahuanaco. Qui era fiorita una civiltà durata dal I secolo a.C. al IV d.C.. tramontata la civiltà di  Tiahuanaco, i Peruviani diedero vita, questa volta lungo la costa, ad altre civiltà. A sud, intorno alla città di Nazca, si raggiunse un elevatissimo grado di raffinatezza nella lavorazione della ceramica e nella tessitura. Sulla costa settentrionale nacque il regno di Chimù, che rimase fiorente sino al 1450 d.C., quando venne conquistato dagli Incas. I Chimù inventarono la bilancia per pesare l'oro ed i gioielli, furono abilissimi artigiani, ma, come tutti gli altri popoli americani, non seppero inventare l'aratro e la ruota. Verso il 950 d.C. salì al potere del territorio dell'odierno Perù la famiglia Inca. La leggenda narra che essi salirono sulle Ande dalle foreste orientali, e, definendosi “figli del Sole”, portavano con sé un cuneo d'oro, che venne inghiottito lì dove avrebbero dovuto fondare una città.
Essi chiamarono questo luogo Cuzco, ossia “ombelico”, in quanto per gli Inca er ail centro del mondo. Per tale motivo ne fecero la capitale degli Incas.
I primi due topa (“supremo” o “re”) governarono solo una parte della valle di Cuzco; ben prestò però, la loro influenza si estese sempre di più. Con la conquista dei popoli ostili, il quarto topa inca si impadronì di tutta la valle di Cuzco. Nel 1460 l'impero inca contava circa otto milioni di abitanti e si estendeva per 3200 km, ossia dalle foreste dell'Amazzonia sino all'Oceano Pacifico e dai confini dell'odierno Ecuador sino al Cile. 
Il Topa Inca credeva di essere il diretto discendente del Sole. Pertanto, i suoi figli, i suoi nipoti e tutti gli altri parenti parenti godevano di speciali privilegi: potevano portare ornamenti d'oro e avere posti importanti nel governo. I governanti incas suddivisero i sudditi in tribù, ed ognuna di esse era divisa in gruppi di 100 famiglie. Questi antichi peruviani coltivarono per prima le patate, oltre al granoturco, e allevarono porcellini d'india per la carne e i lama come animali da soma. Gli Incas operavano un profondo controllo su tutti i prodotti dell'impero. Per essere sicuri che ognuno avesse la sua parte di cibo ed abiti, i sovrani avevano messaggeri che portavano i loro ordini lungo una vasta rete di strade primitive.
 Nel 1530 circa gli Spagnoli scoprirono l'esistenza dell'impero incas e lo distrussero barbaramente. Secondo la leggenda, però, gli Incas avevano già fatto i loro viaggi e le loro scoperte. Si narra di un topa inca che con la sua zattera di balsa ha raggiunto alcune isole del Pacifico. Di sicuro tra il 700-800 d.C. i commercianti peruviani erano giunti sino alle isole Galapagos, 800 km lontane. La leggenda dice pure che non furono gli Spagnoli i primi a raggiungerli. Ciò perché i Polinesiani vi giunsero dalle Isole Marchesi, distanti 5500 km circa, già nell'XI secolo. Vi sono racconti di giunche cinesi trasportate da vendo in Messico e nel nord America. La stessa cosa avvenne dall'Atlantico. È probabile che navi partite dal Mediterraneo, vi giunsero trasportate dalle tempeste.  

Gli Aztechi

Verso il 1186 d.C.  uno sparuto numero di indios iniziò ad adottare la civiltà dei Toltechi, dando vita ad un impero che, con il tempo, arrivò ad avere più di 5 milioni di abitanti. Questi indios, chiamati Aztechi o “popolo degli aironi”, appartenevano alla tribù dei Nahua, e probabilmente il loro nome si deve al fatto che essi portavano tra i capelli due piume di airone. Secondo la leggenda, gli Aztechi erano inizialmente collocati su un'isola in mezzo ad un lago, dove vivevano in maniera pacifica. Ad un certo punto, nel 1168, il loro dio Huitzilopochtli (“colibrì a sinistra”) gli comando di spostarsi e di stabilirsi nel luogo in cui avrebbero avuto un certo segno. Quando avessero fatto ciò si sarebbero trasformati in un grande popolo. Nel frattempo, gli Aztechi si spostavano da un luogo all'altro, dove stavano per alcuni anni. In questi luoghi coltivavano il mais scavando il terreno e commerciavano con le più potenti tribù con cui entravano in contatto. In seguito vennero fatti schiavi dal re di Colhuacan (“montagna contorta”), ma riuscirono a fuggire su un'isola paludosa sul Lago del Messico. Qui, il loro consiglio di 4 capi vide una roccia sulla quale cresceva un cactus, su cui stava un'aquila che tra gli artigli teneva un serpente. Questo era il segno e in questo luogo gli Aztechi edificarono la loro città, Tenochtitlan (“Roccia del Cactus”). 
Un grande capo governava il consiglio dei quattro capi che amministravano la tribù. Entro il 1440, con Itzcoatzin (“Principe serpente delle pietre aguzze”) gli Aztechi erano divenuti i sovrani di tutta la vallata che faceva capo alla loro città sul lago. Nel 1502, sotto Ahuitzotl (“Opossum acquatico”) il loro potere si estendeva su tutta la pianura meridionale del Messico. Morto Ahuitzotl gli succedette Moctezuma Xocoyotzin (“prode signore, il giovane principe”). Egli nel 1504 conquistò alcune città nel temperato sud e fece giungere per la prima volta a Tenochtitlan il cacao. Nel 1519 un esercito spagnolo con a capo Hernan Cortes invase il Messico ed un anno più tardi Montezuma venne fatto prigioniero ed ucciso dagli Spagnoli. Suo nipote, il valoroso Cuauhtemoctzin (“principe aquila cadente”) fu costretto a chiedre la resa. L'impero azteco, come del resto tutto il continente prima del giungere degli Spagnoli, non aveva buoi, cavalli e non aveva scoperto la ruota. 
I commercianti si spostavano di città in città con portatori che si caricavano sulle spalle merce di almeno 30 kg. In ogni città si aveva un mercato, in cui venivano scambiati gomma elastica, fagioli, cacao e penne d'aquila ripiene di oro. Tenochtitlan contava un milione di abitanti, che stavano in case di un piano, con il tetto piatto e fatte in pietra. Tutta la città era costruita intorno a due gruppi di piramidi, che giungevano all'altezza di 30 metri e sulla cui sommità venivano sacrificati i prigionieri, che, gettati dalle scale del tempio, giungevano ai piedi della costruzione per essere mangiati dal popolo. 
Gli Aztechi erano abili artigiani: intagliavano il legno, lavoravano la pietra preziosa e tessevano lunghi mantelli con penne di colibrì. 
I sacerdoti costruivano libri di pelle piegati a mò di fisarmonica. Su di essi vi è tracciata, mediante segni simbolici, la loro storia sino ad almeno il 1000.
Gli Aztechi furono abili nel disegnare le cartine geografiche,tanto che Hernan Cortes ne usò una per giungere sullo Yucatan. La civiltà azteca aveva un preciso codice legislativo. Ogni famiglia aveva il diritto di coltivare il terreno che gli veniva assegnato annualmente dai capi tribù. Solo alcune famiglie, i discendenti degli antichi Aztechi, potevano decidere i 4 capi tribù, di cui tre nobili ed uno, il sommo sacerdote, proveniente anche dl popolo. Gli Aztechi furono certamente cruenti e straordinariamente superstiziosi. Meritano, però, un posto nella storia per la grand cultura che svilupparono.