sabato 22 febbraio 2014

L'Asia sud-orientale e l'Australasia

Ad est dell'India e a sud della Cina si trovano la penisola e le isole dell'Asia sud-orientale. Questa regione ha monti boscosi e terreni resi fertili dal limo convogliato dagli imponenti fiumi. Verso il 1000 a.C. i Negritos, cacciatori abitanti nelle calde ed umide pianure della penisola, vennero cacciati dai contadini melanesiani e mongoloidi, che furono i primi al mondo a coltivare il riso, la soia e ad allevare bufali d'acqua, maiali e galline. Verso il 400 d.C. questi popoli dell'Asia sud-orientale avevano portato la loro cultura in regioni molto lontane dalla loro madrepatria. I cacciatori avevano raggiunto l'Australia, mentre i contadini si andarono a stanziare in quelle isole che oggi prendono il nome di Melanesia, Polinesia e Micronesia. I polinesiani trasportavano i loro prodotti (noci di cocco, maiali e pollame) dall'Asia a isole lontane come la Nuova Zelanda, distante circa 10.000 km e raggiunta mediante delle enormi canoe. Ciononostante anche i contadini della Polinesia, molto più progrediti dei cacciatori dell'Australia, rimasero allo stato neolitico per circa 1300 anni. Nel frattempo, in questo primitivo punto d'incontro dell'Asia sud-orientale, intorno al I secolo d.C., iniziano a formarsi nuove civiltà, alla cui formazione contribuiranno nei prossimi 1500 anni popolazioni quali gli Indiani, i Mongoli, i Cinesi e gli Arabi. Il primo grande influsso culturale risale a circa 2000 anni or sono, quando dall'India provenivano mercanti che portavano spezie grazie dall'Asia sud-orientale. Nei primi tre secoli d.C. la crescente domanda di spezie da parte dei Romani, che la utilizzavano sia in cucina che in medicina, portò al massimo sviluppo commerciale tra l'Asia sud-orientale e l'occidente. Dopo la caduta di Roma, di Bisanzio, dell'Islam, la domanda di spezie non si arrestò e venne superata solo dalla Cina. Questo ricco commercio di spezie fece sì che la penisola di Malacca e Sumatra venissero chiamate rispettivamente coi nomi di Suvarnabhumi e di Suvarnaduipa, dal termine Suvarna, che significava “oro”. I mercanti indiani portavano in questi territori, così come in Borneo, Giava, Malesia, Tailandia, Cambogia e Vietnam le loro ceramiche ed i loro tessuti. Dove si stabilivano i mercanti indiani, si recavano i brahmani ed i monaci buddisti.
Verso il Vi secolo, quindi, un popolo di colonizzatori indiani aveva impresso la propria cultura alla più retrograda Asia del sud-est.
I re Khmen di Cambogia, per esempio, avevano preso nomi indiani, avevano adottato il sanscrito come lingua ufficiale del regno e avevano abbandonato la propria religione a favore dell'induismo. È vero, comunque, che i popoli dell'Asia sud-orientale conservarono intatta gran parte della loro cultura antica. 
Troviamo la preoccupazione di conservare la propria identità nei Khmen. Essi credevano nella divinità del loro re e lo seppellivano in “terra santa”. Per tale motivo nel XII secolo Angkor-Vat, ossia il più grande edificio del mondo, fu eretto sia come tempio indù che come mausoleo per il re Suryavarman II.
A partire dal 600 d.C. i popoli asiatici sud-orientali fondarono potenti stati in Birmania, nella Cambogia, a Sumatra e a Giava. Verso il 1300 un esercito mongolo fece crollare il regno di Birmania ed ulteriori attacchi, anche se senza successo, furono fatti contro l'isola di Giava. Inoltre, verso il 1300 i Mongoli del nord costrinsero i Thai (altro popolo mongolo) a dirigersi verso la Cambogia, dove essi, abbattuto l'impero Khmer, fondarono la moderna Tailandia. La Cina di quel tempo ormai da lungo tempo importava dall'Asia sud-orientale legname, spezie e avorio in cambio di metalli lavorati e tessuti. Nel XV secolo la Cina degli imperatori Ming si fece pagare un tributo dagli stati dell'Asia del sud-est. Ben presto però i Musulmani estesero la loro egemonia e già nel 1500 con la forza e con la propaganda religiosa vennero convertiti circa 20 regni dell'Asia sud-orientale. 

La dinastia Gupta

Con la fine della dinastia Maurya inizia un periodo in cui si hanno nuovamente tanti staterelli. Alla fine emerse una nuova famiglia, ossia la dinastia Gupta, che fondò il II impero indiano, sotto il quale l'India conobbe il massimo splendore. 
La dinastia ebbe inizio nel 320 d.C., quando, sia per mezzo di matrimoni che per mezzo di guerre vittoriose, l'imperatore Candragupta I conquistò quel vasto territorio della pianura del Gance nell'India nord-orientale. In un secolo i suoi successori si guadagnarono quella vasta striscia di terra che si estendeva da oriente ad occidente attraverso l'India settentrionale e parte del Decan; i piccoli reami siti ai lati di questo impero riconobbero il potere dei Gupta pagando loro un tributo.
I Gupta governavano il loro territorio mediante i Samanta, ossia principi feudali i cui territori potevano avere una vastità tale come l'odierna Svizzera o essere delle piccole proprietà. L'obbligo maggiore che essi avevano era il pagamento di un tributo conseguenziale all'estensione dei territori e al tipo di coltura in cui venivano impiegati. Per gli imperatori Gupta l'entrata sui terreni erano molto maggiori rispetto a quelle dei Maurya. Ciò perché i terreni coltivabili si erano molitiplicati a seguito della sempre maggiore abbondanza di scuri e di aratri di ferro, che permettevano di dissodare e di coltivare le vaste regioni forestali lungo la pianura del Gance e le valli fluviali del Deccan fino al tavolato del Deccan. 
Sotto il regno dei Gupta l'agricoltura ebbe un enorme sviluppo che diede incremento al commercio e alle città. Queste erano dominate da ricchi mercanti e dalle potenti corporazioni di artigiani ed ebbero un rapido sviluppo. Per farci un'idea della loro immensa grandezza basta pensare alla dimensione della capitale maurya. Essa aveva 64 porte e 570 torri di vedetta. Palatiputra si estendeva per una profondità di 3 km su un fronte di circa 15 km lungo le rive del fiume. 
Annotazioni scritte da un viaggiatore cinese, il monaco buddista Fa-hsien, confermano che l'impero Gupta era molto fiorente nel 405 d.C. Egli ci attesta che nell'”India centrale”, ossia le pianure settentrionali, si avevano ricche città, grandi monasteri buddisti e strade fiancheggiate da case di riposo per coloro che erano stanchi. Inoltre, ovunque andò, Fa-hsien trovò un'amministrazione efficiente e saggia. Il governo fu pacifico, florido e tollerante e, in questo periodo, la cultura indiana giunse al suo massimo splendore: i poeti, protetti da mercanti e principi, scrissero fiabe in versi sanscriti ed il drammaturgo Kalidasa scrisse Sakuntala, opera indiana tutt'ora insuperata. Gli scultori traevano dalla roccia templi di proporzioni immense, che venivano decorati con scene della vita di Buddha e degli indù. Anche la conoscenza scientifica, stimolata dai precedenti contatti con la cultura ellenistica, fece dei notevoli progressi. Si operarono notevoli scoperte in autonomia e nel metodo scientifico; il matematico ed astronomo Aryabhata (nato nel 476 d.C.) ha insegnato che la terra ha un moto di rotazione ed uno di rivoluzione intorno al Sole; il matematico Brahmagupta (nato nel 598) fece notevoli progressi in Algebra ed in Trigonometria. Verso il 600 d.C. i matematici indiani misero a punto il sistema decimale ed inventarono il numero zero. Le scoperte scientifiche coincisero con la nascita i nuove filosofie: nacque lo yoga, conseguente ad una più precisa conoscenza anatomica, che affermava la possibilità del ricongiungimento del proprio corpo con quello universale mediante il completo controllo del corpo fisico. La filosofia Vedanta, infatti, affermava che solamente in questa maniera l'uomo poteva conoscere il mondo “reale”, ossia quello spirituale. La conoscenza scientifica poteva, però, spiegare solo l'imperfetto mondo spirituale. Per tale ragione cadde sempre più nel discredito, eccetto sotto la forma di astronomia e di astrologia, in quanto strumenti per potere studiare e scoprire il mondo spirituale. La dinastia gupta crollò nel 500 d.C. con gli attacchi degli Unni a nord-ovest. Tuttavia gli indiani nel VI secolo respinsero gli invasori e la cultura gupta sopravvisse sotto altri re sino all'XI secolo, quando i musulmani posero fine a questo mondo.

La dinastia dei Maurya

Verso il 350 a.C. gli Ariani si erano infiltrati in tutto il continente indiano e si erano mescolati  coi Dravida. A questi avevano insegnato nuovi sistemi agricoli e la lavorazione dei metalli. L'India rimase, però, suddivisa in piccole nazioni, con gli Ariani al nord ed i Dravida al sud. Nel 300 a.C. circa un potente capo ariano riuscì ad unificare il settentrione e a fondare il primo impero indiano. Il fondatore di tale impero fu Candragupta Maurya (321-297 a.C.), un piccolo governante ambizioso di uno degli stati del nord. Egli, grazie ad una serie di conquiste e ad un uso scaltro della diplomazia, unito ad un ideale di unità del tutto nuovo portato con le conquiste di Alessandro Magno, riuscì ad impossessarsi di tutto l'Afganistan, dell'India del Nord e ad est del Delta del Gance. In questi stati Maurya aveva trovato dei governi fortemente centralizzati, dove si aveva a capo un re seguito da ministri brahamani che, secondo un sistema organizzato precedentemente, quando i re erano divenuti potenti, riscuotevano le tasse imposte dal sovrano. Si avevano varie tipologie di questi funzionari locali: gli agrimensori misuravano il terreno, gli esattori raccoglievano le tasse, che venivano pagate in  monete, in oro, in pietre preziose, in capre, ecc. e alcuni impiegati registravano in sanscrito i pagamenti delle tasse su pietra o su tavolette di metallo. Questo nuovo imperatore prese il controllo sul sistema esattoriale. In tal modo riuscì facilmente ad assoggettare gli stati, che controllò mediante consiglieri personali, ufficiali, truppe pagate ed un servizio segreto. Per meglio governare questo territorio fece costruire una valida rete stradale e, guadagnandosi l'appoggio dei contadini, fece costruire ovunque dighe, serbatoi e pozzi. Sotto la sua saggia amministrazione il commercio si arricchì. L'impero Maurya raggiunse la sua massima potenza dopo la morte di Candra Gupta, quando il nipote di lui Asoka (272-232) poteva vantare un impero che comprendeva tutta l'India ad eccezione del sud della penisola. Asoka oltre ad essere famoso per la vastità del suo territorio, rimase nella storia per la tolleranza mostrata durante il suo governo. Avendo provato orrore e dolore per le guerre all'inizio del suo impero, decise di non iniziarne delle altre e di operare mediante la diplomazia. Inoltre, non indusse i suoi sudditi, per la maggior parte brahamani, ad adottare il suo credo buddista. Cercò, invece, di risvegliare il loro sentimento di reciproca dipendenza e di comune cittadinanza all'impero. A tale proposito egli pubblicò un codice morale che prese il nome di Dharma. Esso venne fatto incidere su rocce e su colonne di pietra di tutto l'impero. Il codice comandava la tolleranza verso tutte le religioni, la reverenza verso tutte le cose viventi e il rispetto per i genitori. Questi editti non ebbero il potere sperato, anzi inasprirono ulteriormente i rapporti tra i brahamani e i buddisti. I primi, spaventati dal crescente numero dei secondi, ridussero il numero delle divinità e posero importanza a quelle deità che avevano in comune coi Dravida. Nasce in tal modo l'induismo.
La fusione della cultura degli ariani e dei dravida pose fine al periodo ariano dell'India e diede inizio alla cultura indù. La nascita dell'induismo corrisponde alla fine del primo grande impero indiano. Dopo la morte di Asoka (232 a.C.) l'amministrazione divenne sempre più inefficiente. Ne conseguì un indebolimento del potere centralizzato e nel 180 a.C. un generale ribelle uccise l'ultimo re della dinastia Maurya, aprendo la strada a cinque secoli di divisione politica dell'India. Nel frattempo il commercio tra l'Oriente e l'Occidente, prima via terra tra l'India nord-occidentale e i possedimenti greci, poi via mare tra i regni dell'India merdionale e l'Impero Romano, incrementò i progressi scientifici. I mercanti navigavano su navi a tre alberi muniti da stabilizzatori, spinte da remi giganteschi. Con lo sviluppo della navigazione si ebbero progressi in astronomia. Inoltre con i nuovi influssi l'India si arricchì della cultura greca e romana. 

venerdì 21 febbraio 2014

L'India ariana

 Circa 4000 anni or sono popolazioni indoeuropee di pelle chiara che si definivano “ari”, ossia nobili, iniziarono ad emigrare verso il sud-est dell'Asia centrale. Gli Ari nel 1200 a.C. avevano distrutto la civiltà della Valle dell'Indo e fatto schiavi i suoi fondatori, i Dravidi di pelle scura. Fatto ciò gli Ariani si espansero verso le foreste tropicali e subtropicali del continente indiano. Questa era una vasta regione che confinava a nord con una catena di montagne lunga 2600 km, e a sud-est e sud-ovest col mare per 5500 km di costa.
Gli Ariani furono compresi da tre diverse importanti regioni naturali:
1. A Nord le pianure alluvionali dell'Indo e del Gange;
2. Al centro il tavolato del Decan;
3. A sud la penisola.
Gli invasori, che usavano arnesi di bronzo, occuparono le fertili pianure del nord e qui fondarono la futura civiltà di tutta l'India. Gli Ariani vivevano in tribù separate, dedite alla coltivazione del grano e al pascolo di cavalli e bestiame. La limitatezza dei pascoli fece nascere delle lotte tra le tribù. Queste guerre vennero prima tramandate oralmente, e poi messe per iscritto in una serie di inni, raccolti verso l'anno 1000 a.C. sotto il titolo di Rig-Veda.
Il Rig-Veda ci offre un quadro abbastanza chiaro della vita tribale dell'antica India: ogni gruppo sottostava al comando di un capo guerriero scelto dal popolo; poi si avevano i sacerdoti, che officiavano il culto a diversi gruppi di divinità: Dyaus (padre degli dei e dio del cielo), Varuna (dio del mare), Surya (dio del Sole), Indra (dio della pioggia) ed Agni (dio del fuoco). Il popolo era dedito all'agricoltura, al commercio e alla pastorizia. Molta della maggior parte della storia  indiana ci rimane sconosciuta. Verso il IV secolo a.C. gli Ariani dell'India settentrionale avevano fondato 12 tribù, al cui potere si aveva la classe sacerdotale. Sotto il nuovo regime i quattro gruppi sociali: i brahmani (sacerdoti), gli ksatriya (guerrieri), i vaisya (commercianti), i sudra (mandriani ed agricoltori) si irrigidirono in una gerarchia di quattro caste, i cui membri non potevano sposarsi coi membri di un'altra casta o cambiare occupazione. Il divieto religioso di matrimonio tra appartenenti a caste diverse e il disprezzo verso i Dravida, che compivano lavori umili, portò alla nascita di una quinta classe sociale, quelli dei senza casta o paria.
La maggior parte di queste conoscenze ci viene dalle Upanisad o “dottrina arcana”, la prima delle quali venne scritta tra il 600-300 a.C. Esse insegnavano che l'uomo muore e rinasce continuamente in forme più alte o più basse di vita a causa della legge del Karman, che è l'inevitabile conseguenza delle azioni precedenti.
La maggior parte degli Ariani accettava il credo del Brahmanesimo; altri, però, avvertivano il fatto che alcuni suoi dogmi lasciavano insoluti grandi problemi morali e filosofici. Tra i dubbiosi si aveva il grande Siddharta Gautama. Questi nel 560 a.C. circa iniziò a meditare sulla causa dell'infelicità umana. Egli era un principe dell'India settentrionale e la meditazione lo porta a scoprire che il dolore nasce dall'egoistico desiderio di possedere molte cose, dalla ricchezza fino all'immortalità, e, quindi, affermò che l'uomo può trovare la felicità solo mediante la rinunzia. Siddharta Gautama afferma che l'uomo libero dall'ostacolo dell'ambizione può far sì che il suo “io” umano possa raggiungere il “grande io” dell'universo. Questa nuova religione si presentava dottrinalmente in maniera molto semplice. Non si aveva il credo verso dei invisibili, verso complicati rituali e non si aveva un rigido sistema di casta. Ciò fece sì che la gente aderisse alla filosofia di Siddharta, i cui seguaci lo chiamarono “Buddha”, ossia l'illuminato. Il Buddhismo nasce come setta eretica, ma grazie ai discepoli, ebbe larga diffusione, divenendo una delle maggiori religioni. I brahmani odiavano questa religione perché pensavano che potesse scalfire il loro potere, perché sembrava che minacciasse il sistema delle caste. 

La storia antica della Persia

Mentre i Greci gettavano le basi e le fondamenta della cultura occidentale e gli imperatori di Chou regnavano in Cina in estremo oriente, si aveva nel Medio-Oriente il popolo degli Iranici, che iniziava a fondere un impero, che sarebbe stato destinato a sopravvivere per 2000 anni e che sarebbe stato il luogo d'incontro di scambi culturali ed economici tra Oriente ed Occidente.
Nel 2000 a.C. circa i popoli indoeuropei iniziarono ad espandersi in Asia Centrale e nella Russia meridionale. Anche gli iranici, di stirpe indoeuropea, si trasferirono a sud e si andarono a collocare sul grande altopiano tra il Mar Caspio ed il Golfo Persico, così chiamato dal nome dei Persiani che, insieme ai Medi, andarono a costituire le due più grandi tribù iraniche.
Nel 549 a.C. i Medi ed i Persiani vennero uniti sotto un solo governo dal grande sovrano e condottiero Ciro, della dinastia degli Achemenidi. Sotto Cambise (430 – 521 a.C.)  e sotto Dario I (521-486 a.C.) l'impero si iniziò a organizzare nell'amministrazione e diede vita ad una politica espansionistica.
Nel 480 a.C. l'Impero Persiano si estendeva dall'India alla Grecia e dall'Asia centrale sino al Medio Nilo.
Gli imperatori persiani furono abili condottieri e saggi politici. Dario I suddivise l'impero in Satrapie o province. Ognuna di esse era amministrata da un governatore civile, da un comandante militare e da speciali ufficiali, chiamati “gli occhi del re”. Questi viaggiavano per tutto l'impero grazie alla portentosa rete stradale e controllavano che venissero osservate le leggi emanate dall'imperatore. I sovrani organizzarono enormi opere per l'irrigazione e la coltivazione su vasta scala di piante alimentari e di alberi. Il governo saggio ed avventato fece prosperare la nazione e il popolo viveva nel benessere, al di là del proprio credo o della tribù di appartenenza. Sorsero degli importanti centri urbani come Persepoli, Susa ed Ectabana. Esse venivano amministrate da corporazioni di artigiani, mentre il commercio giunse ad elevati livelli grazie al sistema bancario e all'uso degli assegni bancari. Commerci e viaggi alimentarono lo spirito d'avventura dei persiani e gli esploratori persiani scorrazzavano dall'Indo all'Egitto. Già nel 500 a.C. circa il navigatore Sataspe si avventurò oltre lo stretto di Gibilterra circumnavigando l'Africa fino alle coste occidentali. L'impero, già potente e prospero, trovò nuova linfa vitale nella fondazione di una nuova religione ad opera di Zarathustra. In un primo momento questa religione suscitò l'odio dei sacerdoti persiani, che officiavano culti alle divinità tradizionali: Mitra (il Sole), Ma (la Luna), Zan (la Terra). Ciononostante lo stesso Dario accettò subito la nuova religione, che insegnava a credere in Ahura Mazda (“il signore saggio”) e in un eterno conflitto tra le forze del bene e le forze del male. Nonostante la solida struttura politica, organizzativa, economica e religiosa, l'Impero Persiano crollò di colpo nel 331 a.C., quando Alessandro Magno sconfisse Dario III ed invase il suo potente impero. La storia seguente della Persia sarà per i prossimi sei secoli una storia di rivolte e di guerra; le prime vennero guidate con successo dagli Sciti (i cosiddetti Parti) contro i successori greci di Alessandro e le altre contro i Romani. Infine, nell'anno 226 d.C. la potente famiglia persiana dei Sasanidi si mise a capo di una rivolta che scacciò i Parti. Sotto il re sasanide Arteserse (226-240 d.C.) la Persia divenne ancora una volta una grande potenza. L'esercito persiano venne riorganizzato ed riequipaggiato e, forte di una nuova solidità, marciò di vittoria in vittoria dalla India all'Asia Minore. Il nuovo stabile potere persiano favorì il commercio tra occidente ed oriente. La Persia raggiunse una notevole ricchezza grazie al traffico di sete cinesi e argento romano. Alla stessa maniera, l'Impero Persiano si arricchì di una nuova cultura, grazie ai viaggiatori e le persone colte introdussero manoscritti che trattavano di astronomia indiana e di medicina greca. In questo periodo si ha, inoltre, la nascita di una nuova religione, il Manicheismo, fondato dal nobile persiano Mani (215-276 a.C. circa) che cercò di porre fine alle rivalità tra i sacerdoti  con la fondazione di una religione che sincretizzava le tre fedi più popolari: quella di Zarathustra, del Buddismo e del Cristianesimo. Questa religione portò attraverso i suoi missionari la cultura dell'Iran sino alla Cina e all'Egitto, e anche in Europa, dove però scomparve del tutto nel VII secolo. L'Impero Sasanide perdurò per altri quattro secoli e resistette alle invasioni a Nord – Est degli Unni, a quelle di Roma e, in seguito, al quelle bizantine ad ovest. Infine, la Persia cadde dal 634 al 651 sotto la nuova poderosa invasione araba. La libertà politica della Persia venne distrutta del tutto. Ciononostante per oltre 800 anni la Persia continuò ad essere un potente ponte commerciale e culturale, che terminò solo con i Turchi, che chiusero le vie commerciali per l'Europa. 

La civiltà asiatica

Tra le più antiche e raffinate civiltà abbiamo quella dell'India e della Cina, risalenti a circa 3000 anni or sono. Più di 1000 anni fa gli Indiani avevano già effettuato delle mirabili scoperte in medicina, in matematica ed in astronomia. Inoltre, essi avevano fondato due delle religioni più influenti del mondo, il Buddismo e l'Induismo. Nel frattempo, i Cinesi avevano dato vita al Confucianesimo, un grande sistema etico, ed operato una serie di scoperte ed invenzioni, quali la fabbricazione della carta, la stampa, la fusione del ferro, la porcellana, la polvere da sparo, che avevano preceduto di secoli quelle occidentali. Molti occidentali erano dell'opinione che un abisso solcasse la storia aisatica da quella europea. Ciò in parte risponde al reale, dato che molti fattori contribuirono a mantenere isolati questi due mondi. Essi, però, si incontrarono per 2300 anni in un grande territorio, la Persia. In seguito, sotto l'impero dei Mongoli nomadi dell'VIII secolo vi fu un pacifico e reciproco scambio di genti e di idee tra l'Occidente e le antiche civiltà asiatiche. 

La lotta contro l'Islam

Tra l'XI e il XVI secolo l'Islam si piegò agli attacchi interni ed esterni. All'interno l'Africa dell'XI secolo era stata scossa da due rivolte: le tribù nomade degli Hilal e dei Sulaim irruppero dall'Egitto in Tunisia e qui si stabilirono nel 1060 circa, dopo aver devastato ogni cosa che gli si poneva innanzi. Nel frattempo, più ad occidente, gli Almoravidi stavano provocando ancora più disgrazie. Aiutati dai Berberi nomadi del Sahara e dai Negri dell'Africa occidentale, presero l'Africa nord – occidentale e penetrarono nella Spagna meridionale, e nel 1100 unificarono col sangue i piccoli regni musulmani qui collocati. Si trovarono, però, in seguito, innnanzi alla riscossa cristiana. I cavalieri d'Europa cacciarono lentamente a sud i Musulmani e nel 1250 la Spagna musulmana si era ridotta al regno di Granata, cancellato, dopo lunghe lotte, nel 1492.
L'invasione della Spagna da parte dei Cristiani faceva parte di un grande piano di ricacciamento degli infedeli. Già nel 1091 Ruggero il Normanno aveva tolto la Sicilia agli Arabi e ne aveva fatto un fiorente regno. Qualche anno dopo, un esercito di 150.000 uomini tra cavalieri ed arcieri marciò da Costantinopoli attraverso l'Asia Minore, penetrando in Siria ed in Palestina. Iniziarono, in tal modo le crociate, indette dai papi per liberare dagli infedeli la Terra Santa. In un primo tempo i Cristiani ebbero successo e fondarono regni feudali in Siria e Palestina; i Musulmani, però, mossero alla riscossa e nel 1187 il famoso Saladino si riprese Gerusalemme. La controffensiva continuò alla morte di Saladino con Ayyubiti al governo d'Egitto. Nel 1291 i Mamelucchi ricacciarono indietro tutti i crociati. Per l'Islam le crociate erano state solo gli attacchi barbarici su una provincia del loro impero. Assai più grave fu l'invasione proveniente da est. Gli invasori erano i Turchi Selgiuchidi che dal 970 iniziarono ad espandersi. Il nome Selgiuchidi proviene dal loro capo Selgiuq. I Turchi erano un bellicoso popolo semi – nomade di arcieri mongoloidi che sottomisero la Persia, l'Iraq, parte della Siria, togliendo a Bisanzio quasi tutta l'Asia Minore. I Turchi si convertirono all'Islam e, più che a distruggere, mirarono a conservare bil decadente popolo musulmano. Il loro “sultano” divenne capo di un impero che dall'Asia Minore giungeva alla Persia. Ma anche questo impero, per lotte interne, si disgregò e nel XII-XIII secolo venne invaso dai Mongoli, provenienti dall'Asia centrale. Sotto la guida di Ghensis Khan e dei suoi successori, i Mongoli sgominarono la Persia e l'Iraq e si spinsero ad Occidente sino alla Siria. I Mongoli furono famosi per la crudeltà e nel 1258 annientarono la splendida Baghdad. Verso la fine del secolo si convertirono all'Islamismo e diedero vita a governi organizzati. L'Islam intanto aveva prodotto ad ovest della Persia, in un territorio sfuggito all'invasione dei Mongoli, un popolo di islamici, i Turchi Ottomani, che presero il nome dal fondatore Othman, iniziatore della casa regnante. I Turchi ottomani nel XIV secolo strapparono l'Asia Minore ai consanguinei Selgiuchidi ed iniziarono a spingersi ad Oriente, ad Occidente e a sud. Nel 1453 presero Costantinopoli, l'ultimo baluardo dell'Impero Romano d'Oriente e nel 1517 tolsero ai Mamelucchi l'Egitto. Nel 1556 l'Impero Ottomano era al massimo del suo apogeo, grazie anche la sultano Solimano il Magnifico (1520 – 1566) che governò su un territorio che andava dall'Algeria al Golfo Persico. A quel tempo l'Islam aveva 900 anni ed appariva ancora una grande potenza mondiale. Si facevano, però, avanti nuovi attacchi dall'Europa. 

martedì 18 febbraio 2014

La cultura islamica

All'inizio del IX secolo d.C. l'Europa vessava in una forte crisi del sapere dato dalle invasioni barbariche. Quando Carlo Magno, sapeva appena scrivere il suo nome, i sapienti islamici iniziarono a dedicarsi a complessi studi di matematica, astronomia, medicina e filosofia e per i successivi 600 anni furono il popolo culturale del mondo. Gli Arabi, prima dell'avvento del profeta Maometto, era un popolo di semi-barbari; ignoranti dei costumi civili dei bizantini e dei persiani. Ben presto, però, assunsero alla loro posizione culturale. I pellegrinaggi religiosi e il commercio resero necessarie  la perfezione dei loro sistemi di navigazione, nonché di un sostanziale miglioramento dei metodi di calcolo. Da ciò derivò una sempre maggiore conoscenza della Geografia, dell'Astronomia e dell'Aritmetica. Inoltre, i Califfi fecero il possibile per raccogliere il meglio della cultura bizantina e persiana. A tal fine mandarono studiosi in tutto il mondo conosciuto alla ricerca di manoscritti antichi. Nell'830 d.C. il califfo al-Mamun fece aprire una “Casa della Saggezza” a Baghdad, i cui letterati traducevano gli antichi testi in greco in arabo, tra cui le opere di medicina di Galeno, le opere di matematica e di astronomia di Euclide, Tolomeo e Archimede, i libri di filosofia di Platone e di Aristotele e di scrittori persiani. In tal modo, gli Arabi fecero propria quella cultura che era iniziata a Sumer e che poi era passata in Grecia, e da qui a Bisanzio ed in Persia. I califfi elaborarono questa cultura secondo i dettami della religione islamica. Al Corano, per esempio, si ispiravano le grammatiche e i dizionari arabi, mentre con lo studio della vita di Maometto sorsero delle complesse storiografie. La cultura araba, però, non fu fertile solo nella grammatica e nella storiografia. Al contrario, diede contributi in ogni ambito del sapere. In astronomia dimostrarono che l'anno solare è di 365 giorni e ¼; calcolarono le orbite del sole, della luna e dei pianeti; perfezionarono l'astrolabio, con il quale poterono calcolare la latitudine in qualsiasi posto si trovavano. Tale strumento diede un fertile contributo al sapere geografico. 
Uomini come al-Masudi (X sec.) e Ibn Battuta (XIV secolo) percorsero tutto il mondo allora conosciuto, fornendo in tal modo le basi per i libri di geografia, le carte e i portolani arabi. In matematica compirono dei progressi impressionanti. Introdussero l'uso delle zero e dei numeri “arabi”, entrambi provenienti dall'India. Uomini come al-Khuwarizmi (IX secolo) e Omar Khayyam (morto nel 1123) in ventarono la moderna algebra. In chimica i Musulmani del X secolo fecero grandi progressi con esperimenti oggettivi e in medicina il sapere venne ampliato tramite l'esperimento e l'osservazione. Nel IX secolo Hunain Ibn Ishaq scrisse dieci trattati sugli occhi, il primo testo di tal genere, e il persiano Ar-razi scrisse le prime chiare descrizioni del vaiolo e della rosalia.
In arte si dedicarono al disegno geometrico. Non si dedicarono alle rappresentazioni umane perché vietate dalla religione islamica. Notevoli furono le opere letterarie, tra le quali ricordiamo le storie d'amore, i racconti di viaggiatori e i famosi racconti di Mille e una notte. In musica venne inventato il sistema di notazione indicante il ritmo oltre il tono.
Nell'Islam vennero costruiti ospedali, opere di irrigazione, scavati pozzi artesiani e il grano venne macinato con mulini a vento; vennero edificate moschee, ossia centri di culto e dal 751 d.C. si iniziò a fabbricare la carta. L'Islam passò questo sapere con le crociate agli Europei. Inoltre, moti letterati cristiani si finsero musulmani e permisero la diffusione della cultura islamica in Spagna, Sicilia, Siria, Francia, Italia, Germania ed Inghilterra. Con la diffusione di questa cultura entrarono in occidente vocaboli quali algebra, zero, zenit, caffè, traffico, ammiraglio e divano. 
La cultura musulmana esercitò un forte influsso su quello europeo, che, quando si risvegliò, la fece cadere in crisi. 

Città e commercio islamico

Il commercio islamico ebbe uno sviluppo enorme grazie agli abbondanti raccolti di frumento, orzo, riso, datteri ed olive coltivate nella valle della Mesopotamia, e al commercio di mele, prugne, limoni, fichi e angurie coltivate nelle zone a est della Mesopotamia. Bisogna, inoltre, sottolineare che furono gli Arabi a fare conoscere all'Europa occidentale, mediante la Spagna, prodotti come il riso, la canna da zucchero, le albicocche e le pesche. Fin dalle origini dell'Islam, i contadini erano stati costretti ad aumentare al massimo la produzione delle derrate alimentari per sopperire alle richieste dei governanti arabi e dei mercanti, che si erano stabiliti presso gli accampamenti militari. I mercanti, in cambio dei prodotti cibari, davano vestiti, tappeti, ceramiche ed utensili in metallo ai contadini. A poco a poco questo commercio trasformò gli accampamenti in cittadelle, e poi in città. Tra di esse si sviluppò un fiorente commercio, che ben presto allargò i propri orizzonti. L'Islam iniziò a commerciare con la Cina e l'India, la Scandinavia e la Russia e l'Africa occidentale ed orientale. In cambio degli oggetti in vetro, dei gioielli e dei tappeti dell'Islam, i mercanti stranieri davano schiavi, sete, colla di pesce e berretti di pelo. Nell'anno 1000 una vasta rete commerciale collegava l'emisfero orientale. Quattro furono le cose che resero ciò possibile:
1. Le grandi risorse del mondo musulmano, comprendente l'oro africano, il ferro spagnolo e le pietre preziose di ogni parte dell'Islam;
2. I loro metodi di trasporto con  le carovane di cammelli e le imbarcazioni con vela latina;
3. I mercanti islamici, tra i quali si avevano molti ebrei, avevano precedentemente fondato intorno al Mediterraneo molti centri commerciali;
4. Un sistema bancario ben sviluppato che comprendeva i Saqq, ossia una sorta di assegni. 
Da alcune registrazioni su documenti ci risulta che un mercante poteva incassare in Marocco un assegno emesso a Baghdad, distante 4800 km. Un commercio così esteso e ricco fece sì che nel X secolo gli Arabi potessero vantare di avere alcune delle città più belle e grandi del mondo. Di queste città, più di venti vantavano una popolazione superiore alle 100.000 unità. Basta pensare che in Europa si avevano solo tre città di tale genere. Cordova vantava più di 500.000 abitanti e la favolosa Baghdad più di un 1.500.000. Le città arabe divennero, inoltre, centri culturali che non avevano paragoni in occidente. 

La politica araba

Gli Arabi di 1300 anni or sono, ossia di quando irruppero nella civiltà del Medio Oriente, erano semi – nomadi, inesperi di ogni attività politica. Sotto i primi califfi iniziarono ad organizzarsi in un governo centrale. Come avveniva in precedenza con i sceicchi delle tribù, il califfo veniva eletto dalle famiglie più importanti. Una volta al potere, egli diveniva comandante in capo, guida religiosa e giudice supremo. I califfi Abu Bekr e Omar ( 634 – 644 ) governarono il loro impero in espansione ponendo dei generali a capo delle province tolte a Bisanzio e alla Persia. In tali province, ossia in Egitto, in Siria, in Iran ed in Iraq, i generali arabi costruivano campi fortificati dove conducevano un tipo di vita maestosa. 
I sudditi venivano suddivisi in tre gruppi:
1. i mawali o liberti, ossia i non arabi convertiti all'Islam;
2. i dhimmi, ossia i non musulmani credenti in religioni tollerate dai musulmani;
3. gli schiavi.
I primi califfi non persero tempo ad unificare i diversi tipi di governo che si andavano formando all'interno delle province; anche se Omar compì un primo passo in tal senso con l'istituzione del Diwan o ufficio per gli incassi ed i pagamenti. In pratica, egli si proponeva di raccogliere le tasse retribuite in tutto l'impero e di utilizzarle per le spese amministrative, le spese militari e le rendite retribuite ad ogni Arabo a seconda del rango di appartenenza. Una reale centralizzazione del potere si ebbe nel 661 d.C. con il califfato di Mu'awiya. I governanti che si erano succeduti da Omar a Mu'awiya avevano lottato tra loro per il diritto di successione.  Mu'awiya aveva ben compreso che l'impero poteva essere unificato solo se si centralizzava il governo. Aq tal fine trasferì la capitale a Damasco, in Siria, dove era stato precedentemente governatore. Quindi, fondò una nuova amministrazione politica, i cui funzionari si prendevano cura delle faccende politiche, della raccolta delle tasse e delle faccende di carattere religioso. Sotto il suo governo le nove province si fusero in cinque vicereggenze. Ognuna di esse era governata da un viceré che poteva nominare i giudici e i prefetti dei suoi distretti. La maggior parte delle vicereggenze aveva un proprio esattore delle tasse, che era responsabile direttamente verso il califfo. Oltre a ciò Mu'awiya  fece del califfato una carica ereditaria e non più elettiva. Ciò mantenne al potere la sua famiglia, gli Omayyadi per 89 anni, durante i quali si fecero dei nemici formidabili. I Mawali, che si moltiplicarono in maniera rapida, odiavano gli Omayyadi perché quest'ultimi si rifiutavano i inserire al governo gente non araba. Anche gli Arabi li detestavano perché li ritenevano degli usurpatori. Nel 747 d.C. gli odi si trasformarono in ribellioni e gli Omayyadi vennero detronizzati. Salì al potere Abu'l Abbas, capo dei potenti Abbasi; con loro la capitale venne spostata ancora di più ad Oriente, ossia a Bagdad, da poco edificata. Gli Abbasidi permisero ai Mawali e ai Dhimmi di governare ed elaborarono un piano amministrativo tale che il califfo poteva governare tramite il generale, un giudice ed un visi. Quest'ultimo governava per mezzo di una complicata catena di ministeri che comprendeva un ufficio tasse, un ufficio amministrativo, una cancelleria, un reparto postale e un reparto di polizia. Tutta questa amministrazione, oltre ad essere inefficiente, fu enormemente costosa. I califfi, inoltre, non avevano più contatti con il popolo e il loro tenore di vita aveva inciso sull'economia in generale. Un califfo, per esempio, sfoggiò insieme a sua moglie, durante il ricevimento nuziale, mille enormi perle. Tutto ciò fece sì che già nel IX secolo d.C. il sistema politico arabo cominciasse a cedere. Il crollo venne affrettato dalle istanze separazionistiche dei generali, che, raggiunto il potere, si assumevano il potere di vicerè nelle province. Autorizzati dai califfi a riscuotere tasse, si rifiutavano poi di dare il denaro raccolto e, appoggiati dai loro eserciti, gradualmente si trasformavano in monarchi, con gradi di dipendenza diversi a secondo della regione. Ciò avvenne nel 788 in Marocco, nell'800 in Tunisia, nell'868 in Egitto, e in tutti i territori a Oriente di Baghdad entro il 945. la potenza dei califfi e dell'impero islamico volgeva al termine. Tre forti legami, però, univano ancora gli Arabi: la fede islamica, la lingua araba e il commercio. 

L'espansione araba

Maometto muore nel 632. Alle'epoca egli governava solo poche migliaia di Arabi, ma già 25 anni dopo il capo dell'Islam aveva sotto di sé milioni di persone appartenenti a molti gruppi razziali. Islam divenne sinonimo di fede religiosa e di potente impero. Subito dopo la morte di Maometto, si cercò di fondare un grande impero arabo. Molte tribù, però, ancora vincolati dalle loro tradizioni e convinti che con la morte del profeta non dovevano più obbedienza a nessuno, si rifiutarono di riconoscere come loro capo il successore di Maometto, ossia il suocero di lui Abu Bekr. Questi (632 – 634), però, inviò le sue truppe nel deserto arabico, che, al comando del generale Khalid Ibn al-Walid, in sei mesi sottomisero tutte le tribù. In meno di un anno tutta la penisola era riunita sotto l'Islam. Ai confini della penisola i conflitti non terminavano. Iniziò una forte pressione espansionistica verso i popoli non arabi. La guerre avevano una giustificazione religiosa, dato che Maometto aveva predicato la conversione dei pagani. Inoltre, ora gli Arabi erano uniti, e non più una miriade di tribù in perenne lotta tra di loro. Ciò favorì le loro incursioni che, dapprima finalizzate al mero saccheggio, divennero in seguito delle vere e proprie conquiste territoriali. Gli Islamici si trovarono di fronte a due nemici apparentemente invincibili, i Bizantini a nord e ad ovest dell'Arabia e la Persia a nord – est. In realtà queste due istituzioni erano molto deboli, anche perché si erano dilaniate in lotte territoriali estenuanti, che impoverirono la popolazione per la troppa tassazione. A favore degli Islamici vi fu il fatto che molte chiese cristiane erano in conflitto tra loro per motivi dottrinali. La nuova fede islamica trovò consensi tra le popolazioni per una minore complessità di pensiero gli Arabi ebbero così dalla loro parte la popolazione della Siria e della Persia, e, nonostante fossero di numero inferiore, male equipaggiati e male addestrati, vinsero delle formidabili battaglie, tra cui la più importante fu quella combattuta nel fiume Yarmuk in Siria nel 636 d.C. Il generale Khalid Ibn al-Walid scelse un giorno di foschia e di soffocante caldo per attaccare con i suoi 25.000 uomini gli avversari bizantini, di numero almeno il doppio. Ne seguì una schiacciante vittoria araba che lasciò la Siria aperta alla conquista islamica. Gli Arabi vinsero altre numerosissime battaglie. Alla base della loro forza si aveva la conoscenza delle condizioni meteorologiche del deserto, del terreno, dei metodi di trasporto e la voglia di fare bottino come ricompensa.  Gli Arabi, militarmente più arretrati, appresero le tecniche guerresche dei Bizantini e dei Persiani, e su di essi modellarono i loro eserciti. Ogni divisione aveva due ali di lancieri a cavallo che proteggevano l'avanguardia e la retroguardia della fanteria. Quest'ultima era armata di archi, fionde, spade e scudi. Alla retroguardia si avevano molti cammelli che venivano impiegati per sfondare le mura delle città nemiche. Gli Arabi costruivano Galee da battaglia sul modello di quelle bizantine. Ognuna di esse aveva circa 100 rematori e già nel 655 d.C. una flotta musulmana riuscì a spezzare una flotta bizantina di 500 navi uncinandole e trasformando la battaglia da marittima a corpo a corpo. Trovando popoli deboli e avvalendosi della propria forza, gli Arabi si estero a nord, a est e ad ovest. A nord tolsero a Bisanzio la Palestina e la Siria; a Est fecero proprio l'Impero persiano, trovandosi così alle soglie dell'India; a ovest vinsero i Bizantini in Egitto ed in Libia e, attraverso l'Africa settentrionale, giunsero sino all'Atlantico e nel 711 d.C. attraversarono lo stretto di Gibilterra e tolsero la Spagna ai Visigoti.