giovedì 30 gennaio 2014

Maometto e l'Islam


Nel 600 d.C. l'Arabia era abitata da tribù nomade perennemente in lotta tra di loro. Dopo meno di un secolo queste tribù si riunirono sotto un solo potere e fondarono un possente impero. Chi rese possibile un tale cambiamento fu Maometto, il fondatore della religione islamica. L'Arabia è un territorio rettangolare grande quanto l'Europa occidentale. Il clima è caldo, il suolo desertico in grande maggioranza, e, a tratti, vi sono nude rocce riarse. Il clima è arido. Solo a sud c'è pioggia sufficiente a fertilizzare le valli. Le differenze climatiche ebbero delle conseguenze sullo sviluppo dello stile di vita. L'Arabia era, in altre parole, divisa in due: coloro che abitavano il nord erano costretti a vivere in piccole tribù di nomadi, sempre alla ricerca di pascoli per le pecore e le capre; gli abitanti del sud, invece, si dedicarono all'agricoltura e al commercio e fondarono una serie di città. Questi due diversi gruppi parlavano due forme diverse di Arabo e adoravano due diversi gruppi di divinità. Anche politicamente erano organizzati in maniera diversa: i re del sud ereditavano il loro potere; gli anziani del nord (“shaikh”) venivano eletti dalle loro tribù. L'Arabia, quindi, era divisa in due parti, in ognuna delle quali la popolazione era divisa in tanti piccoli regni.

Le cose cambiarono del tutto con l'azione del predicatore Maometto, il cui nome significa “degno di lode”. Egli nasce nel 570 d.C. ed era membro della tribù dei Qumaish; essa, collocata nel settentrione, un tempo nomade, si era collocata stabilmente all'interno della Mecca. Questa città dell'Arabia occidentale era un piccolo e fiorente centro commerciale e religioso.

Da tutta l'Arabia provenivano pellegrini a cavallo e a piedi per dirigersi ala ka'ba (dado) della Mecca. Qui si aveva un santuario in cui veniva conservata una meteorite nera, creduta la dimora di molti dei. Maometto si rifiutò di adorare queste divinità. Ciò per due motivi:

  1. perché provava ammirazione per il Dio unico adorato dai mercanti cristiani ed ebrei che passavano dalla Mecca;
  2. perché era convinto che Dio gli avesse parlato per annunciare una nuova religione, di cui lui era il grande profeta.

Il matrimonio con una ricca vedova lo mise in agiate condizioni economiche, dandogli tutto il tempo per meditare e per dedicarsi allo sviluppo di una nuova religione, l'Islam, cui venne data la struttura che tutt'ora conosciamo.

Islam significa “sottomissione” e l'islamismo chiede di obbedire alla volontà di Dio, l'onnipotente creatore dell'universo che nel giorno del giudizio aprirà ai Musulmani il paradiso e agli infedeli l'inferno.

Per andare in paradiso un musulmano deve dichiarare che vi è un solo Dio e che Maometto è il suo profeta. Deve, inoltre, pregare 5 volte al giorno, fare l'elemosina, osservare un mese di digiuno ogni anno, fare durante la vita almeno un pellegrinaggio alla Mecca e accettare ed osservare gli insegnamenti del “Corano”, ossia la “narrazione” delle leggi di Dio così come furono rivelate a Maometto.

L'Islam costituì un forte richiamo per molti abitanti della Mecca perché, al contrario della religione politeista, prometteva la vita eterna. Inoltre, al contrario della religione Giudaica e Cristiana, la dottrina era molto più semplice e non prevedeva un complesso apparato sacerdotale, né un elaborato rituale. In un primo momento però non era stato previsto il pellegrinaggio alla Mecca. Ciò provocò l'avversità dei mercanti del luogo, che credevano che con il nuovo credo sarebbe diminuito l'afflusso di pellegrini con un generale impoverimento della città. Per tale motivo Maometto ed i suoi seguaci vennero perseguitati. Nel 622 d.C. Maometto, piuttosto che abbandonare la sua fede, si recò con 200 seguaci al nord, a Medina. Questa venne chiamata Egira, “migrazione”, e il 622 viene considerato il primo anno del loro calendario. Questo fu un anno importantissimo perché Maometto venne salutato dagli abitanti del luogo come il capo politico e religioso. Egli diede prova delle sue capacità come saggio governante ed abile condottiero, conquistando nel 630 la Mecca. Questi eventi suscitarono grande stupore tra gli Arabi e tra le tribù, che subito mandarono i loro legati per riconoscerlo come capo politico e religioso,

La fine di Bizanzio


L'impero bizantino sopravvisse altri 1000 anni dopo la morte dei Roma imperiale. Quattro secoli prima della sua morte mostrava i primi segni di decadenza, dettati dalla pressione incessante degli invasori e da una amministrazione corrotta. L'imperatore dirigeva personalmente il governo, la cui stabilità dipendeva essenzialmente dal fatto di avere un governo lungo e senza paura di rivali. Pochi imperatori dopo Basilio II ebbero un governo lungo e stabile. Ed infatti, dopo la sua morte nel 1025, vi furono in soli 56 anni 12 imperatori e 2 imperatrici che si contendevano il trono l'uno contro l'altro. Il potere centrale, inoltre, si indebolì sempre più a vantaggio dei nobili, l'economia iniziava ad impoverirsi per le spese insensate e le frontiere erano lasciate indifese. Nel 1081 sembrò che Bisanzio stesse per riprendersi grazie all'opera del valente imperatore Alessio I Comneno, fondatore di una nuova dinastia. Egli fu soldato e statista. Rafforzò i confini dell'impero, migliorò il sistema legale, risollevò il potere d'acquisto della moneta e, a tal fine, utilizzò le proprie personali risorse economiche. Durante il suo regno, però, iniziarono le crociate, che si riveleranno mortali per l'impero. Nel 1096, per la prima volta, migliaia di crociati provenienti dall'Europa occidentale si riunirono a Costantinopoli per andare a liberare la Santa Gerusalemme dagli infedeli. Tutti questi rimasero sbalorditi e meravigliati della ricchezza e prosperità di Costantinopoli, perché non avevano mai visto qualcosa del genere. Da questo momento gli interessi degli Europei per Bisanzio crebbero sempre di più. I Veneziani si aprirono nuovi mercati nel Mediterraneo orientale e firmarono accordi con gli imperatori d'Oriente. Gli occidentali, però, guardavano con invidia e gelosia il popolo bizantino, di cui diffidavano anche il credo greco – ortodosso. Diffidenza, gelosia ed interessi economici spinsero gli Europei ad organizzare una serie di attacchi contro Costantinopoli. Nel 1185 i Normanni, che ebbero un ruolo notevole nelle crociate, invasero la Grecia ed attaccarono la città di Tessalonica. Vennero, però, respinti.

Alcuni anni dopo si ebbe la IV crociata, organizzata per attaccare l'Egitto. I Veneziani ed i Francesi deragliarono verso Costantinopoli con la speranza di accaparrarsi della ricchezza e del florido commercio della città. Essi entrarono nel 1204 e furono i primi nemici ad oltrepassare le massicce mura della capitale d'oriente. Queste venne piegata e mortificata dai crociati, che saccheggiarono chiese e palazzi. Venne eletto imperatore il francese Baldovino, conte di Fiandra e di Hainaut.

Nel 1261, 57 anni più tardi, i Bizantini riconquistarono la loro capitale, che ritornò ad essere greca sotto l'imperatore Michele VIII Paleologo, fondatore dell'ultima dinastia di regnanti bizantini.

In realtà, l'impero non riuscì più a risollevarsi dalla umiliazione inflitta con le armi della IV crociata: i Bizantini avevano perso tutte le province e colonie francesi ed italiane prosperavano attorno al Mediterraneo orientale. I Veneziani ed i Genovesi avevano rubato la maggior parte del loro commercio. A complicare la già disastrosa situazione si aggiunsero i Bulgari ed i Serbi che, nel Nord, pensarono bene di approfittare della situazione per fondare due stati indipendenti. L'Impero romano d'oriente vedeva ancora di più aumentare i nemici attorno. Gli imperatori per ricacciare indietro i francesi, i veneziani, i serbi ed i bulgari, dovettero portare via i soldati stanziati nelle frontiere orientali. I Turchi Ottomani comparvero in Asia Minore e non trovarono nessuno che li potesse fermare nella loro marcia verso Costantinopoli. Ad un certo punto sembrò che i Serbi, durante il corso del XIV secolo, fossero vicini a conquistarla. Essi infatti stavano creando un grande impero nel Balcani e nella Grecia settentrionale. Le cose ebbero, però, esito diverso e i Turchi attraversarono l'Europa e conquistarono la Serbia nel 1389. L'Impero bizantino divenne ben poca cosa. Il suo territorio si limitava solamente alla città di Costantinopoli ed i territori immediatamente circostanti.

All'inizio del XV secolo il sultano turco disse all'imperatore Manuele II: “chiudi le porte della tua città e governa soltanto all'interno di essa, giacché io possiedo tutto ciò si trova al di fuori delle mura”. Gli imperatori d'oriente chiesero più volte aiuto agli stati europei e lo stesso Manuele II si recò a Londra e a Parigi in cerca di soldati e denaro. Ormai, però, i governanti dell'Europa non avevano più alcun interesse verso Bisanzio. Infine, nel 1453 i Turchi ruppero le difese ed entrarono a Costantinopoli. Costantino XI, ultimo imperatore dell'Impero romano d'oriente, morì difendendo le sue mura. La caduta della capitale combaciò con la fine stessa dell'impero e Costantinopoli divenne la citale del neo – impero ottomano, che trasformò la cattedrale di Sana Sofia in moschea. La tradizione bizantina sopravvisse in quei luoghi oggi corrispondenti alla Romania, alla Bulgaria, alla Iugoslavia e alla Russia europea per molto tempo. Soprattutto in Russia le idee politiche e religiose bizantine ebbero un tale peso da fare dire, dopo che Costantinopoli divenne turca, che Mosca era “la III Roma”.


La Chiesa greco – ortodossa


La Chiesa cristiana in un primo momento era unica. In seguito, però, iniziò a distaccarsi sino a separarsi del tutto. Si ebbero, quindi, due grandi chiese: quella occidentale con il suo centro a Roma e quella orientale con il suo centro a Costantinopoli. Sebbene il Cristianesimo si fosse sviluppato nell'antico Impero romano, la città di Costantinopoli, nuova capitale cristiana, rivendicava alcuni diritti.

Ciò fece sì che dopo alcuni secoli venissero riconosciuti cinque capi religiosi come vescovi o patriarchi: quello di Roma, di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme. Tutti riconoscevano nel vescovo di Roma la figura principale della Cristianità, ma i Bizantini ritenevano l'imperatore il capo di tutta la Chiesa poiché egli era il rappresentante di Dio in terra. Mentre il Cristianesimo prendeva diffusione si svilupparono problemi di ortodossia, ossia di retta opinione. A soluzione di essi si convocarono in concilio i vescovi che, ispirati dallo Spirito Santo, avrebbero preso delle decisioni risolutive. Il primo venne indetto a Nicea nel 325 ed ebbe come fondatore lo stesso Costantino. Egli diede il primo ragguaglio sulla “retta opinione religiosa”, il credo di Nicea. Coloro che non accettavano questo credo venivano ritenuti “eretici”. Nel 451, al Concilio di Calcedonia, i Siriani e gli Egiziani non si trovarono d'accordo con gli altri e si riunirono in una propria Chiesa, dando vita al primo scisma della Cristianità. Nacque la Chiesa copta, tutt'ora esistente in Egitto e in Etiopia. Nel VII secolo con le conquiste arabe si ebbe la definitiva separazione dei patriarchi di Antiochia, di Alessandria e di Gerusalemme dal seno della Cristianità. Le chiese di Roma e di Costantinopoli rimasero i centri indiscussi della Chiesa cristiana. I teologi bizantini affermavano che il patriarca di Costantinopoli rappresentava l'anima dell'Impero, mentre l'imperatore ne rappresentava il corpo. Queste concezioni trovavano il consenso tra i bizantini, che ritenevano la religione parte integrante ed inscindibile della vita quotidiana, tanto che le dispute religiose interferivano sulle questioni politiche e sociali. Nel 726 l'imperatore Leone III decretò che tutte le immagini religiose che si trovavano nelle chiese erano idoli e, in quanto tali, andavano distrutte. L'impero si divise tra coloro che erano favorevoli all'imperatore (gli iconoclasti, ossia distruttori delle immagini sacre) e coloro che ne erano contrari. Tra quest'ultimi abbiamo la Chiesa di Roma e tutta l'Europa occidentale. La controversia ebbe un secolo di durata, sino a quando non salì al potere un imperatore ortodosso. Gli iconoclasti perdettero la guerra, anche perché ebbero contro i monaci bizantini, che ebbero un ruolo importante nella religiosità cristiana orientale. Oggi la chiesa greco – ortodossa è una delle più prospere. Dopo Giustiniano la Chiesa d'occidente e quella di oriente si svilupparono separatamente: nella Chiesa d'occidente non si ebbe alcun imperatore e il Papa era il capo supremo; il quella d'oriente si sviluppò la lingua greca come lingua liturgica, mentre in quella d'occidente assolse tale compito sempre il latino.

Gli imperatori iconoclasti accrebbero ancora di più queste differenze e quando il papa incoronò Carlo Magno nell'800 imperatore, i Bizantini rimasero scossi poiché a parere loro si poteva avere un solo imperatore romano cristiano, e cioè il loro. Nel 1054 vi fu una violenta disputa tra il papa e il patriarca. Durante le crociate, iniziate nel 1096, i Cattolici ortodossi ed i Cattolici romani entrarono in contatto capendo in maniera tangibile le differenze tra i due fronti. Dopo la IV crociata il dissidio in seno alla Chiesa divenne insanabile. Più tardi l'imperatore bizantino Michele VIII ed i suoi successori chiesero di entrare in trattative. Ciò con la speranza che i papi indicessero una crociata per liberare Costantinopoli dai Turchi. Il papa, però, esigeva che gli venisse riconosciuto il fatto che solo lui era il capo della Chiesa. Al rifiuto bizantino, lo scisma continuò.

domenica 26 gennaio 2014

Vita quotidiana a Bisanzio


L'impero bizantino fondava la propria supremazia sulla forza militare. I contingenti erano stanziati stabilmente nei confini per frenare i continui attacchi, così come la flotta navale. L'esercito, ben preparato e disciplinato, contava 120.000 uomini, organizzato secondo il sistema dei “temi”, ossia secondo la regola per cui gli uomini offrivano i propri servigi militari in cambio di terra e poderi. Con tale apparato i Bizantini riuscirono a ricacciare indietro nel VII e VIII secolo gli Arabi. Ciò grazie anche ad un'arma segreta: il fuoco greco, che i marinari lanciavano sulle navi degli infedeli. Sebbene i Bizantini avessero sviluppato una vera e propria arte o scienza sugli affari di guerra, tanto che gli uomini si allenavano duramente e i generali scrivevano saggi sulle tecniche militari, preferirono di gran lunga la diplomazia alle costose battaglie. Dopo la costruzione della sontuosa chiesa di Santa Sofia, si edificò l'ippodromo, dove 40.000 persone potevano assistere a gare e corse di cavalli.

La vita cittadina si sviluppava attorno al maestoso palazzo imperiale, composto da innumerevoli edifici. Nella sala delle udienze era collocato il trono d'oro massiccio dell'imperatore. Trono che veniva innalzato ad altezza del soffitto per incutere rispetto e reverenza ai visitatori stranieri. Si avevano anche dei leoni d'oro che ruggivano ed uccelli meccanici che cantavano. I ricchi vivevano in palazzi più piccoli, costruiti similmente alle ville romane. Esse erano situate intorno ai cortili e venivano edificate o nella capitale o in altri centri urbani come Tessalonica (Salonicco) e Trebisonda. Molti di questi aristocratici possedevano delle immense proprietà e delle grandi fattorie in campagna. I più poveri vivevano, invece, in case d'affitto, i cui balconi sporgevano sulle strade. Nelle zone rurali molti avevano delle fattorie, i cui terreni venivano coltivati ad uliveti e vigna e dove si allevavano vacche, pecore e maiali. I contadini svolgevano una vita misera e , piegati dalle troppe tasse, dovettero spesso rinunciare alla propria libertà per mettersi, in cambio si servizi, sotto la protezione di aristocratici, di grandi feudatari o di monasteri.

La massima parte della ricchezza bizantina proveniva dal commercio, controllato minuziosamente dal governo. Dalla Cina provenivano le spezie, la seta e l'avorio; dalla Russia le pellicce, il cuoio ed il legname. Durante il regno di Giustiniano due monaci contrabbandavano seta dalla Cina, riuscendo ad apprenderne il segreto della fabbricazione. Ciò fatto, la seta bizantina divenne una delle più raffinate d'Europa. I mercanti ed i ricchi funzionari bizantini potevano permettersi di istruire in casa le figlie, e nelle scuole statali o ecclesiastiche e nelle università, tutte sotto il controllo imperiale, i figli. Tutti gli scolari conoscevano alla perfezione la Bibbia ed il Greco antico. Ciò si evince dalle molte citazioni presenti nella letteratura bizantina. Nel corso dei secoli i letterati scrissero storie, memorie, poesie, saggi di politica e di religione. L'arte bizantina raggiunse una elevata raffinatezza, ed essa non cercava di ritrarre le sembianze delle persone, ma di metterne a nudo l'anima. In ogni chiesa le pareti erano decorate con immagini religiose. Nelle cattedrali, come in quella di Santa Sofia, si avevano dei splendidi mosaici, fatti da piccole tessere in vetro o in marmo fittamente incastrate tra di loro su un lucentissimo sfondo in oro. Gli artisti – artigiani bizantini furono eccelsi nella lavorazione dell'avorio, di oggetti d'oro e d'argento. Ciononostante, nelle chiese greche non si trovano né statue né sculture, ma solo icone, ossia dipinti su legno rappresentanti la Vergine ed i Santi.

L'impero bizantino nel suo massimo splendore


Nel IX secolo l'Impero bizantino era una realtà potente ed affermata che, collocata tra l'Europa orientale e l'Asia occidentale, aveva potuto mantenere la propria indipendenza grazie ad una astuta diplomazia, ad un commercio ben sviluppato, alla predicazione del Vangelo e ad un esercito ben preparato e disciplinato.

Dopo la morte di Giustiniano, l'Impero era al centro di un fiorentissimo commercio che aveva stuzzicato le mire espansionistiche di molti popoli, in special modo di quello persiano, che venne del tutto sconfitto dalle truppe dell'imperatore Eaclio (610 – 641), che per rafforzare le difese dell'impero aveva diviso la parte orientale dell'impero in distretti chiamati “temi”, ognuno comandato da un generale. Questa soluzione ben presto venne estesa a tutto il territorio dell'Impero e fu all'origine della forza combattiva di esso. Dopo l'attacco dei Persiani, si fece avanti la minaccia degli Arabi, che erano riusciti ad assoggettare l'Africa settentrionale, la Siria e l'Egitto. Non mancarono nemmeno di attaccare la stessa Costantinopoli. La situazione venne risolta dall'imperatore Leone III, che sconfisse i nemici infedeli nella grande battaglia ad Akroinos in Asia Minore nel 739. nonostante ciò non riuscì a ricacciarli indietro, al di fuori dell'Europa orientale. L'Impero di Bisanzio perse la Siria e l'Egitto. Motivo questo che fece divenire l'impero ancora più compatto e più vicino alla sua capitale fortezza, Costantinopoli. L'Impero d'oriente si grecizzò ancora di più. Gli Africani ed i Siriani non avevano mai sopportato il potere bizantino e preferivano quello arabo, prendendo anche l'uso del Greco, che rimase la lingua della maggior parte delle genti nel resto dell'Impero. L'Impero giunse al massimo del suo splendore e della sua prosperità sotto il governo dei sovrani macedoni. Questi fecero proprio il seggio del sovrano dall'867 al 1030. Il primo di essi fu Basilio I, che nell'867 assassinò l'imperatore Michele III, di cui era stato amico, usurpandone il posto.

Il figlio Leone VI riadattò ai propri tempi le leggi del Corpus di Giustiniano e li riunì nel Basilici, dando, in tal modo, la definitiva raccolta delle leggi bizantine.

Sotto i sovrani macedoni la potenza bizantina sembra immortale. Costantinopoli divenne il centro di tutto quanto il commercio del Medio Oriente. La sua cultura si diffuse nelle province, i cui confini più esterni si estesero ulteriormente ad oriente ad opera dei sovrani macedoni che nel V secolo riconquistarono alcune città cadute precedentemente nelle mani degli Arabi. Mentre gli Arabi cercavano di sfondare i confini orientali e meridionali dell'Impero, i barbari avevano continuato a pressare i confini del nord. Nel VI secolo gli Slavi ed i Bulgari avevano attraversato il Danubio e stavano per dilagare sull'Impero di Bisanzio. Gli imperatori macedoni cercarono di risolvere la situazione tentando di convertire al Cristianesimo questi popoli. A tal fine, inviarono dei missionari bizantini a convertire i Bulgari ed i Serbi prima, ed i Russi dopo. Due missionari del IX secolo (Cirillo e Metodio) inventarono un nuovo alfabeto, il Glacolitico, che permettesse agli Slavi di tradurre la Bibbia nella propria lingua. I Bizantini grazie al commercio e alla diplomazia si guadagnarono l'amicizia dei Russi. Questi firmarono accordi commerciali coi mercanti bizantini del Mar Nero, le cui navi risalivano i grandi fiumi della Russia sino all'antica capitale Kiev, sul fiume Dnepr. Nel 955 la principessa Olga di Kiev andò in visita ufficiale a Costantinopoli. Subito dopo il principe Vladimir si convertì al Cristianesimo, sposò la sorella dell'imperatore Basilio II e fece del Cristianesimo la religione ufficiale della Russia. Basilio II (976 – 1025) fu l'ultimo dei sovrani macedoni.

Egli spezzò con spietatezza la pressione dei Bulgari, che stavano per fondare un impero rivale. Subito dopo la sua morte si fecero avanti nuovi nemici: i Turchi Selgiuchidi, che, provenienti dall'est, scesero in Asia Minore e i Normanni, che, collocati in Sicilia, attaccarono l'Italia meridionale.

La nascita dell'Impero di Bisanzio


Nel III secolo d.C. l'Impero Romano aveva raggiunto una tale estensione territoriale da farlo divenire ingovernabile ad un solo uomo. Diocleziano (284 – 365) cercò di porre rimedio alla questione con la divisione dell'impero in due parti: quella occidentale e quella orientale. Costanzo Cloro era Cesare e comandante delle truppe stanziate in Gallia ed in Britannia. Alla sua morte, venne eletto imperatore nel 306 il figlio Costantino. Egli marciò su Roma, massacrò i suoi nemici e divenne imperatore romano. Per meglio comandare questo vasto doppio impero decise di fondare una “seconda Roma”. Venne scelta per la sua posizione nella zona orientale l'antica colonia greca di Bisanzio. Questa era situata sulle rive del Bosforo, nel punto d'incontro dell'Europa con l'Asia e aveva un posto di notevole importanza, il Corno d'Oro, ed era esposta alle minacce di invasione solamente da un lato. In questo luogo Costantino fondò la sua capitale, Costantinopoli, che venne terminata nel 330.

la città di Costantinopoli imitava il modello offerto dalla grande Roma: aveva il Senato, le terme e l'Arena. Era un centro urbano, bellissimo e maestoso, la prima città cristiana del mondo orientale. Costantino, infatti, aveva fatto voto al Dio dei Cristiani che se avesse vinti tutti i suoi nemici e fosse divenuto imperatore delle due parti dell'Impero, avrebbe fatto del Cristianesimo la religione ufficiale di tutto quanto l'Impero. Negli anni seguenti la morte di Costantino (337), Costantinopoli crebbe in ricchezza e prestigio, divenendo più fiorente di Roma stessa. L'imperatore Teodosio II (408 – 450) la fece crescere in grandezza e costruì sul lato della terraferma una cinta muraria lunga 8 km, tutt'ora esistente.

Nel VI secolo d.C. Costantinopoli era un enorme centro fiorente, ricco ed in espansione; la sua popolazione superava un milione di abitanti. In quel tempo Roma e l'Impero Romano d'Occidente era stata afflitta e spezzata dalle invasioni barbariche. Roma venne saccheggiata dai Goti nel 410 e l'Impero Romano d'Occidente crollò definitivamente nel 476. Ad Oriente, però, l'Impero d'Oriente continuò a prosperare per secoli e a quel tempo comprendeva la vasta area comprendente Grecia, Asia Minore ed Egitto.

Grande personalità ebbe l'imperatore Giustiniano che, salito al trono nel 527, cercò di riunificare le due parti dell'Impero. Egli fu soldato, avvocato, teologo e protettore delle arti.

Instaurò un governo di tipo autocratico che fece scoppiare delle rivolte, che vennero sedate dai generali Belisario e Narsete. Essi portarono fino in fondo il piano di riconquista del loro imperatore e si spinsero in Italia, Spagna, Sicilia e nell'Africa settentrionale dei Goti e dei Vandali.

Per un breve periodo le due parti dell'impero vennero riunite sotto un solo imperatore, le cui truppe erano eccelse e non avevano di certo nulla da temere dagli avversari esterni. Giustiniano concepì l'idea di un impero unitario e solido. Un impero con un solo imperatore, un'unica legge ed un'unica Chiesa. Al fine di unificare saldamente l'impero nominò una commissione di avvocati che riordinò la caotica legislazione romana. Da questo lavoro nacque il Corpus, ossia una collezione di leggi civili che rimane oggi la base di molte delle nostre leggi. Intento di questo sovrano fu quello di convertire tutti i sudditi al Cristianesimo, a tale scopo fece chiudere l'università di Atene, dove gli insegnanti insegnavano ancora la filosofia greca pre – cristiana e fece ereggere a Costantinopoli la grande chiesa di Santa Sofia, “la divina saggezza”. Questo gigantesco complesso venne iniziato nel 532 e terminato nel 537. nel 562 venne consacrata ed i primi Cristiani si inginocchiarono all'interno di essa per pregare. La chiesa di Santa Sofia è tra le più grandi del mondo. La costruzione con pianta a basilica consta di tre navate, di cui la centrale, grandissima, è sormontata da un'enorme cupola di 31 metri. Questa chiesa venne edificata in 5 anni e vi lavorarono più di 10000 operai. Essa fu il modello dell'architettura bizantina.

Giustiniano aveva sperato di unificare l'impero e di avere ridato l'antico splendore perduto. In realtà, dopo la sua morte nel 565, l'Europa occidentale ed orientale si allontanarono sempre di più. In occidente ebbero vita una serie di regni barbarici e Bisanzio si allontanò sempre di più dalla cultura latina per prendere un volto marcatamente greco ed orientale. Giustiniano aveva fatto scrivere il Corpus in latino, ma le leggi seguenti vennero tutte trascritte in greco, che andò a sostituire del tutto il latino sino a divenire la lingua ufficiale di Costantinopoli e delle zone limitrofe. In tal modo la capitale d'Oriente perse ogni connotazione della cultura occidentale, per divenire il centro dell'impero bizantino.

L'Impero Bizantino e l'Islamismo


La scomparsa dell'Impero Romano d'Occidente significò la scomparsa di una istituzione che aveva racchiuso in una sola civiltà un territorio mostruosamente esteso ed abitato da innumerevoli popoli diversi. Soltanto centinaia di anni dopo si sarebbero create altre civiltà in Europa. Durante questi secoli due altre civiltà avevano raggiunto il loro massimo grado di austerità e di sviluppo. Entrambe erano stanziate ai confini d'Europa.

L'una era di religione cristiana e si sviluppò intorno a Bisanzio; l'altra, invece, è quella musulmana e ha come suo centro nevralgico il mondo greco.

Nei paesi ad Est dell'Italia continuò a svilupparsi il cosiddetto Impero Romano d'Oriente o Impero Bizantino. La sua importanza storica fu notevole, se si tiene conto che furono i bizantini a fermare l'espansione araba e quella turca; e furono sempre loro a conservare gli antichi testi della cultura greca, che nell'Europa medievale erano andati totalmente persi e dimenticati. A Bisanzio, inoltre, molte nazioni moderne iniziarono ad affacciarsi alla storia. Nella parte sud – est di Bisanzio gli Arabi nomadi fondarono a partire del VII secolo d.C. il loro impero, che ad un certo punto divenne il più esteso del mondo. Esso sviluppò un floridissimo commercio ed una elevatissima cultura. Questa stranamente ebbe come maggiori esponenti genti di stirpe non araba. Il loro sviluppo è dovuto essenzialmente alla fondazione dell'Islamismo ad opera di Maometto. Tale credo è tutt'ora esistente, nonostante il fatto che dell'antico impero non è rimasto più nulla, e costituisce una delle religioni più diffuse al mondo.

martedì 21 gennaio 2014

L'istruzione e la Chiesa


Nel medioevo l'analfabetismo era diffusissimo. L'istruzione coincideva essenzialmente con l'imparare i lavori quotidiani. I contadini insegnavano ai figli come coltivare i campi e come allevare gli animali; i cavalieri mandavano i propri figli presso le famiglie nobili, dove divenivano scudieri e imparavano l'arte della cavalleria. Solo gli ecclesiastici imparavano a leggere e scrivere. E ciò ai fini fondamentalmente ecclesiastici. La Chiesa, infatti, aveva bisogno di gente che sapesse leggere la Bibbia per essere in grado di divulgare il messaggio cristiano. Notevole e importantissima fu l'opera dei monaci, che copiarono a mano i testi greci e latini, formando in tal modo il miglio mezzo di trasmissione del sapere da un luogo ad un altro. La Chiesa, quindi, fu l'unica istituzione a preservare e a diffondere il sapere. Ciò ai fini essenzialmente evangelici. Le persone colte erano i giovani prescelti per divenire monaci, o i membri del clero che avevano in custodia gli archivi e le biblioteche cattedrali. Moltissimi di coloro che venivano indirizzati alla vita monastica provenivano dalle famiglie nobiliari. Spesso i genitori li portavano in monastero quando erano ancora troppo giovani per capire e per potere decidere. Da grandi erano costretti a farsi monaci, anche contro la loro volontà. Ciò provocò delle vere e proprie tragedie personali, senza le quali, però, è dubbio che in Europa sarebbe sopravvissuta la lettura e la scrittura.

Nelle scuole dei monasteri si studiava la Bibbia, gli scritti dei primi Padri della Chiesa e la dottrina episcopale. Inoltre, seguendo l'antica tradizione romana si studiavano le “sette arti liberali”, ossia grammatica, logica, retorica, geometria, aritmetica, musica ed astronomia.

Queste discipline erano organizzate in maniera molto più complessa rispetto ad oggi: la grammatica comprendeva la letteratura; la retorica includeva legge, prosa e composizione in versi; la geometria comprendeva la geografia, la storia nturale e lo studio delle erbe medicinali; la musica ero lo studio del canto fermo; l'astronomia si mescolava all'astrologia.

Le opere dei filosofi greci come Aristotele erano andate perse; gli ecclesiastici, però, studiavano il pensatore cristiano Boezio (480 – 524), la cui opera fondamentale era il “De consolatione philosophiae”, che riassumeva le dottrine etiche antiche. I maestri cristiani ritenevano che lo studio di argomenti non religiosi erano da fare se aiutavano la comprensione della Bibbia. Le scuole furono severe e gli scolari spesso e volentieri venivano picchiati. Sant'Agostino (354 – 430) affermava che ogni persona di buon senso avrebbe preferito morire piuttosto che tornare a scuola. Nonostante ciò, queste istituzioni permisero di tramandare il sapere laico antico. In tal modo, verso l'anno 1000, quando finirono le invasioni e le comunicazioni tra i centri divennero più agevoli, l'istruzione uscì dalle mura monastiche e si aprì ad un sempre maggiore numero di barbari, già convertiti al Cristianesimo, che ne poterono cogliere i frutti. La cultura iniziò a diffondersi sempre più e non mancarono nemmeno i grandi pensatori. Uno tra tutti il Santo Anselmo, arcivescovo di Canterbury (1093), che maturò una serie di concezioni innovative rispetto all'antico pensiero greco – latino. In seguito, le scuole si diffusero anche al di fuori dei centri religiosi e nacquero le prime università e scuole laiche.

L'Impero Bizantino e l'Islamismo

La scomparsa dell'Impero Romano d'Occidente significò la scomparsa di una istituzione che aveva racchiuso in una sola civiltà un territorio mostruosamente esteso ed abitato da innumerevoli popoli diversi. Soltanto centinaia di anni dopo si sarebbero create altre civiltà in Europa. Durante questi secoli due altre civiltà avevano raggiunto il loro massimo grado di austerità e di sviluppo. Entrambe erano stanziate ai confini d'Europa.

L'una era di religione cristiana e si sviluppò intorno a Bisanzio; l'altra, invece, è quella musulmana e ha come suo centro nevralgico il mondo greco.

Nei paesi ad Est dell'Italia continuò a svilupparsi il cosiddetto Impero Romano d'Oriente o Impero Bizantino. La sua importanza storica fu notevole, se si tiene conto che furono i bizantini a fermare l'espansione araba e quella turca; e furono sempre loro a conservare gli antichi testi della cultura greca, che nell'Europa medievale erano andati totalmente persi e dimenticati. A Bisanzio, inoltre, molte nazioni moderne iniziarono ad affacciarsi alla storia. Nella parte sud – est di Bisanzio gli Arabi nomadi fondarono a partire del VII secolo d.C. il loro impero, che ad un certo punto divenne il più esteso del mondo. Esso sviluppò un floridissimo commercio ed una elevatissima cultura. Questa stranamente ebbe come maggiori esponenti genti di stirpe non araba. Il loro sviluppo è dovuto essenzialmente alla fondazione dell'Islamismo ad opera di Maometto. Tale credo è tutt'ora esistente, nonostante il fatto che dell'antico impero non è rimasto più nulla, e costituisce una delle religioni più diffuse al mondo.


Il sacro Romano Impero


All'inizio del X secolo in Europa si presentava una situazione disastrosa dovuta ad un generale caos politico ed amministrativo. L'Impero di Carlo Magno era stato suddiviso in una serie di contee, ducati e regni autonomi. Tuttavia, come in Inghilterra, le pressioni provenienti dall'esterno avevano costretto questi regni ad unirsi per difendersi. Da questa unione nasce l'antenata della Germania, ossia l'Impero Romano Cristiano. I sovrani di esso per secoli si vantarono del titolo di Imperatore del “Sacro Romano Impero”. Nell'Europa cristiana i sovrani non potevano più nominarsi, come un tempo facevano i generali romani, del titolo di “imperatore”. Questo termine, infatti, ormai era dispensato dalla Chiesa. Essa si era arrogata di tale diritto nell' 800 d.C., quando il papa Leone III aveva nominato imperatore Carlo Magno. Perciò, quando un imperatore moriva, la nomina del successore era esclusiva prerogativa del vescovo di Roma. Le contrarietà avute coi Carolingi portarono i pontefici alla nomina di sovrani di altre dinastie europee. Questi imperatori non ebbero minimamente la grandezza di Carlo ed il papato, ormai deluso, aveva fatto cadere in desuetudine la nomina imperiale. Verso la metà del X secolo, le condizioni dell'Europa centrale iniziarono a cambiare rapidamente. La regione occidentale della Germania (ossia la metà orientale dell'Impero carolingio) tremò innanzi alle invasioni dei furiosi Slavi e Magieri provenienti dal sud – est. Questi popoli asiatici avevano inziato a diffondersi verso ovest in Europa sin dal VI secolo a.C. circa.

Alla stessa maniera degli Inglesi contro i Vichinghi, i Germani capirono che solo l'unione poteva preservare la loro indipendenza. L'Inghilterra si era unita sotto Ethelstan, un uomo di origine regale. La Germania viveva una situazione molto diversa, data dal fatto che nel X secolo non si aveva un solo sovrano, bensì un complicato mosaico composto da 6 ducati.

Nell'anno 919 fece valere la propria forza e potenza il duca di Sassonia, che divenne il capo della Federazione tedesca. In un primo momento vi furono una serie di conflitti, perché i duchi delle altre regioni si sentivano pari a quello di Sassonia e, pertanto, rivendicavano il potere. Il problema ebbe soluzione nel 950 d.C., quando il sovrano di Sassonia Ottone il Grande raggiunse quel potere così grande che nessuno poteva vantare, se non solamente il fu Carlo Magno. Egli si era imposto con la forza e con i suoi eserciti sottomise alla sua autorità di duchi di Baviera, Franconia e Lorena. Fatto ciò, Ottone iniziò una politica di difesa dei barbari. Nel 955 pose termine alla minaccuia magiara con la vittoria di Lechfeld. In seguito, inviò spedizioni in Italia, per mantenere i passi montani, per allargare i propri possedimenti e per proteggere la Chiesa. A quel tempo il papato viveva una profonda crisi e vessava in condizioni disastrose. Il potere pontificio era in mano ai potenti nobili romani, che eleggevano e deponevano papi a proprio piacimento. Con l'avvento di Ottone, i nobili romani persero di potenza, e il Papato conobbe un nuovo periodo di austerità. Nel 962 Ottone il Grande, per i servizi dati, venne incoronato imperatore dal papato. Iniziò un periodo di collaborazione tra il Papato e i Tedeschi. Ben presto tutta quanta l'Europa riconobbe nei sovrani tedeschi coloro che davano gli imperatori, anche se era sempre mansione del papato incoronarli. Gli imperatori si consideravano gli eredi dei cesari, i signori dei re e dei duchi e i principali protettori della Chiesa. A partire dal 1000, però, i loro scopi furono principalmente quelli di ridurre il potere dei nobili tedeschi e di creare un forte stato tedesco. Nel 1066, anno in cui Guglielmo di Normandia aveva conquistato l'Inghilterra, essi avevano raggiunto questi scopi e il Sacro Romano Impero di Germania per potenza e prestigio poteva essere paragonato a quello carolingio. La sua forza, però, dipendeva dall'alleanza con il papato.


La nascita dell'Inghilterra


L'Inghilterra si formò come nazione a seguito delle invasioni vichinghe. In questo periodo, le varie tribù che popolavano l'isola si allearono per la causa comune di ricacciare indietro i feroci conquistatori. La provincia romana della Britannia, la cui superficie era pari a quella del Galles sommata all'Inghilterra, dopo il ritiro delle truppe romane nel 422 d.C., subì una serie di invasioni barbariche. Qui vi si stanziarono gli Angli (da cui deriva il nome dell'Inghilterra), gli Iuti ed i Sassoni. Queste tribù di stirpe germanica imposero il loro modello di vita all'Inghilterra. Ogni tribù costituiva un regno indipendente, che però riconosceva la supremazia di quello che si era dimostrato più forte in guerra. Quindi, i re anglosassoni accettarono il loro capo come signore. Con l'arrivo di S. Agostino in Inghilterra nel 597, questo sistema venne ulteriormente rinsaldato, giacché tutti i regni si erano convertiti al Cristianesimo e riconobbero il capo della Chiesa in Inghilterra nell'Arcivescovo di Canterbury.

I popoli degli stati inglesi non erano, però, ancora uniti in un solo governo e quando nel IX sec. Scesero i Vichinghi, essi vennero colti in un periodo di massima disunione. A nord del fiume Humber si aveva quello che un tempo era il potente regno di Northumbria. Esso era lacerato da cruenti guerre civili, che agevolarono gli Scandinavi nella conquista del territorio. A sud del fiume Humber si aveva il regno di Wessex, che era riuscito a non farsi piegare dal regno di Mercia, ma che dovette soccombere ai colpi inferti dai Vichinghi. Il Wessex era governato da un giovane principe di nome Alfredo il Grande. Questi fu a capo della resistenza contro i Vichinghi, che, nonostante lo avessero battuto, non riuscirono a spezzarlo. Alfredo riuscì a fuggire e a nascondersi nella macchia. Da qui organizzò i Sassoni dell'ovest in una nuova resistenza. Il sovrano non riuscì mai a vincere i conquistatori, ma riuscì a tenerli a bada e a mantenere indipendente il Wessex. In seguito, riuscì a liberare la città di Londra e da qui si iniziò una lenta opera di riconquista dei territori che li porterà a riprendere tutta la regione. L'opera verrà continuata dal figlio Edoardo e dal nipote Ethelstan, che fu il primo re di una regione abbastanza vasta da essere considerata la prima Inghilterra. Le imprese del grande Alfredo non si limitarono alle sole guerre. Amante del sapere e letterato egli stesso, fece tradurre in inglese, o meglio, in anglo – sassone la “Storia ecclesiastica della nazione inglese”, scritta in latino dal monaco Beda di Northumbria (673 – 735). I re sassoni occidentali divennero consapevoli del fatto che solo se rimanevano uniti potevano mantenere la propria indipendenza. L'unione non venne infranta nemmeno quando la minaccia vichinga venne meno. I re sassoni governarono saggiamente e seppero essere indulgenti verso i nuovi sudditi. Edoardo il Pacifico (959 – 975) fu il primo re accettato da tutta l'Inghilterra. Il suo dominio comprendeva gli abitanti del Kent e dell'East Anglia, i Celti del Devon e della Cornovaglia. I re riuscirono ad avere l'appoggio della Chiesa, che avevano protetto e di cui avevano favorito le riforme e contribuito alla diffusione dell'istruzione. Inoltre, ogni re passò il proprio regno al figlio maggiore, in questa maniera si era riuscito a mantenere l'unita e ad evitare che succedesse quello che abbiamo già visto con i Carolingi. In seguito, la pressione vichinga ebbe ad aumentare e scacciò i re sassoni occidentali. Dopo il 1017, per un breve periodo, si ebbe al potere il vichingo danese Canuto con la moglie Aelgifu. Il suon regno comprendeva l'Inghilterra, la Norvegia e la Danimarca. Ebbe fine nel 1066 con la sua morte. Il potere venne preso da Guglielmo, duca di Normandia (egli stesso vichingo di origine), che invase il Sussex ed uccise il re anglo – sassone Aroldo nella battaglia di Hastings. Guglielmo, detto il Conquistatore, fondò un regno potente che doveva molto all'opera instancabile di Alfredo il Grande.

Il popolo dei Normanni


Verso la fine del IX secolo d.C. si ha un'altra grande invasione rivolta verso le coste ed il corso dei fiumi di quelle che erano state provincie romane. Questa nuova orda proveniva dalla Scandinavia, ossia da quella vasta regione che oggi è occupata dalla Danimarca, dalla Norvegia e dalla Svezia. Le popolazioni europee chiamarono queste genti con il nome di normanni. Essi, però, si davano il nome di “Vikingr”, che tradotto nella nostra lingua significa “uomini delle baie”, ossia delle insenature di mare della loro terra. Essi parlavano una lingua germanica, erano di religione pagana e in massima parte analfabeti. Molteplici furono i fattori che favorirono la discesa di questi popoli: le lotte tra le tribù, l'incremento demografico conseguente ad un notevole cambiamento climatico e la ricerca di nuovi luoghi in cui effettuare la pirateria. I Vichinghi erano audaci esploratori, che, però, non si muovevano a casaccio; ed infatti perlustravano le zone dell'Europa settentrionale ed attaccavano solo quelle in cui trovavano una resistenza minima. I loro feroci e veloci assedi contribuirono alla caduta degli ormai divisi carolingi. I Vichinghi della Danimarca e della Norvegia si diressero verso la Francia settentrionale, l'Inghilterra, l'Italia meridionale, la Sicilia e l'Irlanda; i Vichinghi della Svezia giunsero sino a Costantinopoli, fondando lungo il percorso innumerevoli empori commerciali.

I Vichinghi furono grandi esploratori. Le loro imbarcazioni, a vela o a remi, erano migliori di quelle romane, così come i loro metodi erano superiori a quelli. Per tale ragione si spinsero molto oltre le coste, dirigendosi verso l'ignoto. Essi furono i primi a scoprire la Groelandia e l'America del nord, dove si stabilirono per un breve periodo che va dal 1003 al 1006, ossia sino a quando non vennero cacciati da parte degli indios. La pirateria dei Vichinghi era veloce e feroce. Essi, in Europa, risalivano il corso dei fiumi (la Loira sino ad Orleans e la Senna sino a Parigi), lasciavano un presidio a difesa delle navi e saccheggiavano la campagna. Poi, in tutta fretta e ben prima che gli abitanti del luogo potessero organizzare un sercito, salivano sulle imbarcazioni e fuggivano. I normanni, infatti, seppur abili condottieri, non furono certamente più abili e forti degli avversari e cercarono sempre di evitare lo scontro diretto. In un primo tempo ai Vichinghi interessava solo fare bottino. In seguito, però, decisero di istallarsi nell'Europa centrale. Qui la terra era più fertile e da qui diveniva più agevole attaccare le altre regioni, che, nel frattempo, iniziarono a collaborare tra di loro al fine di ricacciarli indietro. Istallarono una serie di basi in Irlanda, nella Bretagna del nord, nell'Inghilterra orientale e nella Francia nord – occidentale (Normandia). Tutti luoghi costieri e di facile accesso per la Scandinavia. Né in Normandia, né nell'Inghilterra orientale ebbero il successo sperato. Dovettero accettare la supremazia degli autoctoni e piegarsi al potere dei re locali. Ben presto vi furono matrimoni misti tra gli abitanti del luogo e gli Scandinavi, che si mescolarono con loro e non si distinsero da essi. Si convertirono al Cristianesimo e verso la metà del secolo diedero il loro appoggio agli antichi nemici per ricacciare indietro le nuove ondate di invasione scandinave. Alla fine del X secolo l'Europa aveva assorbito in parte e ricacciato indietro i Normanni. L'aspetto dell'Europa era ben diverso: i Carolingi governavano solo una piccola parte della Francia nord – orientale, mentre il potere era passato ai Capetingi, i quali avevano resistito contro i Vichinghi. I Capetingi governavano la terra nei dintorni di Parigi, la città destinata a divenire il nucleo della Francia moderna. La nazione che ebbe maggiori modifiche fu l'Inghilterra.

L'impero dei Franchi


L'unico ponte di unione all'inizio del medioevo era il Cristianesimo. A partire dal VI secolo vi fu un regno che iniziò ad espandersi e a riunire molti barbari sotto un solo governo. Nell'800 questo regno aveva raggiunto un'espansione paragonabile a quello dell'Impero Romano d'Occidente. Esso, infatti, si estendeva dalla Danimarca a Roma e dall'Atlantico sino al Danubio. Il regno crebbe di prestigio e di potere grazie tramite le conquiste e le conversioni religiose. Le conquiste ebbero inizio tra il 481 – 511 ad opera del re Clodoveo, che era sovrano dei Franchi, i veri fondatori dell'impero, che, emigrati dalla loro patria nel nord della Francia e della Germania, occuparono l'antica provincia romana della Gallia (corrispondente all'attuale Francia) ed entrambe le rive del Reno. Clodoveo diede vita ad un regolare governo (cosa questa che mancava agl altri regni) ed ottenne l'appoggio della Chiesa grazie alle innumerevoli vittorie sui barbari pagani. Sotto il regno di Clodoveo e dei Merovingi (dal re Meroveo, uno dei primi sovrani dei Franchi), i Franchi continuarono ad espandersi verso est. Con il tempo il potere del re entrò in crisi in favore dei primi magistrati della reggia merovingia. Essi avevano l'appoggio del papa per lo zelo con cui avevano convertito i germani assoggettati. Sotto Carlo Martello, maestro di palazzo dal 719 al 741, i Franchi avevano anche respinto un esercito musulmano da Tours, in Francia, nella Spagna, esorcizzando in tal modo la paura di una discesa degli infedeli in Europa. Il più grande sovrano dei Franchi fu senza ombra di dubbio Carlo Magno, sovrano dal 768 all'814. Egli diede inizio alla dinastia carolingia, dal suo nome “Carolus” in latino. Carlo Magno si fece alleato del papa Leone III e lo seguì ed appoggiò nelle sue riforme. Egli convertì con la forza i popoli sassoni della Germania centrale ed assorbì il regno longobardo, che costituiva una reale minaccia per il pontificato. L'allenza tra il papato e Carlo Magno si strinse ulteriormente quando il pontefice incoronò Carlo Magno imperatore nella basilica di San Pietro in Roma il giorno di Natale dell'anno 800. Risorse nuovamente l'antico impero romano. Carlo Magno, osservando che molti dei suoi popoli erano tornati ad essere piccole ed autosufficienti comunità (un po' come era prima della fine dell'Impero romano), accentrò il potere e sostenne lo stato con l'imposizione di tasse, che venivano pagate in servigi, dato che con la scomparsa del commercio era venuto meno anche il denaro. Ad esempio, in cambio di doni di terra, i nobili dovevano giudicare cause legali e prestare servizio nell'esercito. I poveri, invece, dovevano servire cibo alla corte o offrire la propria manodopera per i lavori pubblici. I conti, nominati a vita, amministravano il governo nei diversi territori. Carlo Magno, inoltre, realmente interessato agli affari della Chiesa, fece migliorare l'istruzione degli ecclesiastici. Sebbene analfabeta, Carlo Magno fondò una Scuola di Palazzo ad Aquisgrana, e fece concessioni ai membri del clero per fondarne di nuove. Alla sua corte si radunarono i migliori letterati del tempo. La rinascita del sapere ebbe vita breve perché alla sua morte (814) iniziarono una serie di lotte tra i successori, che ebbero fine nell'843 con il Trattato di Verdun. Esso sancì la divisione dell'Impero tra i tre nipoti di Carlo Magno, Ludovico II il Germanico, Lotario e Carlo il Calvo. Negli anni che seguirono l'impero venne attaccato dai fieri nemici pagani, tra cui i Vichinghi.

mercoledì 8 gennaio 2014

Il primo papato

Il Cristianesimo nacque in Palestina ed ebbe una celebre diffusione. In un primo momento il credo era tenuto in segreto perché proibito, in seguito, però, divenne la religione ufficiale dell'Impero e si diffuse anche tra i barbari conquistatori. Moltissime tribù, infatti, abbandonarono il loro credo politeista ed abbracciarono la fede cristiana. La religione cristiana in poco tempo crebbe di numero e di potenza, grazie anche all'apertura in tutta l'Europa di chiese e di monasteri. La nuova situazione politica vedeva un'Europa non più unita sotto un impero, ma frazionata in una miriade di regni, che, però condividevano il credo in un solo Dio e nell'uomo che lo rappresenta in terra. Secondo i testi evangelici, infatti, Dio, attraverso il Figlio Gesù Cristo, aveva affidato a Pietro le chiavi del Regno dei Cieli e, conseguentemente, a Pietro andava il primato su tutta la Chiesa. Ora, dato che Pietro, all'epoca della sua morte, era vescovo di Roma, si ritenne che al vescovo della diocesi di Roma dovessero andare i poteri su tutta la Cristianità. Con il trascorrere del tempo, il vescovo di Roma assunse il nome di Papa, ossia di “padre” e significò il capo supremo della Chiesa cattolica romana. In un primo momento, il Papa deteneva il solo potere spirituale. In seguito, anche in conseguenza del fatto che mancava un efficiente potere politico in Europa, assunse anche il potere politico, dapprima su un territorio esiguo, in seguito su tutta quanta l'area centrale dell'Italia. È da dire che sino all'XI secolo i pontefici esercitavano il potere temporale in nome di vari monarchi cristiani, ma ciò non toglie che erano gli effettivi reggitori dell'Italia centrale. Il papa, quindi, giunse ad avere due poteri: il potere politico nella parte centrale dell'Italia e quello spirituale in tutta l'area europea occidentale.
Uno dei massimi papi della Cristianità fu sicuramente Gregorio Magno, il cui pontificato durò dal 590 al 604. Egli si prodigò al fine di convertire gli Angli ed i Longobardi. Introdusse una parte della disciplina monastica, a cui aveva appartenuto, nell'amministrazione papale. Concesse privilegi speciali ai benedettini e impose agli ordini l'obbligo dell'osservanza di tale regola, introdotta nel 529 da San Benedetto per dare ordine e disciplina alla vita monastica. In patria, Gregorio suddivise le rendite della Chiesa in maniera equa tra i vescovi, il clero, i poveri e gli edifici della chiesa. All'estero, invece, diede avvio ad una vasta opera missionaria. Egli si fece paladino delle lotte contro i pagani e gli eretici in Gallia, in Italia, in Sicilia e, persino, nell'Africa Settentrionale. Gregorio è conosciuto, inoltre, per la sua opera di conversione in Inghilterra. Gli Inglesi, infatti, erano divenuti pagani dopo il 422 d.C., quando le truppe romane ritirarono le proprie legioni, favorendo l'entrata di popolazioni barbaro – germaniche. Solo le regioni più lontane delle isole britanniche come l'Irlanda, il Galles e la Scozia, mantennero la religione cristiana perché non furono interessate dall'invasione. Gregorio risolse la situazione inviando il grande missionario Agostino, che compì con successo la sua mansione. 

lunedì 6 gennaio 2014

Alto Medioevo

Alto Medioevo
Con il termine Alto Medioevo si intende quel periodo di tempo che va dalla fine dell'Impero romano (500 d.C. circa) all'anno 1000. Questo venne considerato un periodo oscuro per l'Europa perché entrarono in crisi la civiltà romana e la civiltà greca, le due culture principali del mondo antico.
In questo periodo venne a mancare la sicurezza nelle strade e nelle vie marittime. Diminuì l'industria ed il commercio, le grandi città si spopolarono, diminuirono i viveri ed iniziarono le carestie e la miseria. Con la fine dell'Impero romano venne meno il controllo e la legge. La criminalità aumentò enormemente a danno dei poveri contadini. Il sapere cadde nell'oblio ed era in mano a pochi dotti, che rischiavano la vita per spostarsi da un posto all'altro per scambiarsi qualche informazione per la pericolosità delle fangose strade infestate da briganti. Solo i monaci si spostavano in continuazione e, pur sapendo leggere e scrivere, lasciarono la cultura entro le mura.
Ebbero, però, il merito di trascrivere testi greci e latini, che, grazie a loro, non vennero persi. In tal modo la Chiesa cristiana mantenne in vita la tradizione del sapere durante il medioevo.

La fine dell'Impero romano
Nel 400 d.C. l'Impero romano d'occidente allargava i suoi confini sull'Italia, sulla Francia, sull'Inghilterra, sulla Spagna e sull'Africa del nord. Verso il 500 d.C., però, tutti questi territori caddero sotto i colpi inferti dalle invasioni barbariche. La debolezza interna di Roma, unita all'enorme numero di barbari, fece crollare le difese ai confini e le orde confluirono nel territorio. Le radici della debolezza dell'Impero furono dovute essenzialmente a 200 anni di lotta per il comando, dato che l'Impero non era più ereditario. A partire da Cesare Augusto (27 a.C. 14 d.C.) l'imperatore aveva avuto pieni poteri nel governo dell'Urbe. Ciò fece gola a molti uomini, che non ebbero paura di accattivarsi il favore degli eserciti per farsi eleggere imperatore. Le milizie romane, infatti, detenevano un tale potere da potere eleggere un proprio sovrano, che, spesso e volentieri, era costretto a combattere con un altro eletto da un altro esercito. Durante questi periodi il governo rimaneva senza guida e procedeva per inerzia. Tra il 180 – 283 vi furono ben 25 imperatori, tra cui 16 di essi morirono perché assassinati. Nonostante ciò gli uomini eletti al governo non rinunciavano all'incarico per paura di essere massacrati. Il governo di Roma divenne per forza di cose instabile. Tra il 180-283 abbiamo Commodo (180-192), Pertinace (193) eletto ed ucciso dalle sue stesse truppe tre mesi dopo, Caracalla (211.217), Macrino (217-218), Eliogabalo (218-222), Alessandro Severo (222-235), Massimino (235-238) e Gordiano (238-244). agli inizi del IV secolo gli imperatori Diocleziano (284-305) e Costantino (306-337) si impegnarono al massimo per porre fine a questa disastrosa situazione. Essi tolsero all'esercito la possibilità di interferire negli affari civili, che vennero affidati ad una complessa amministrazione civile. I cambiamenti ridiedero stabilità, ma le tasse divennero insostenibili. Nonostante gli sforzi le città iniziarono a spopolarsi ed i ricchi cittadini si rifugiavano in ville in campagna. I commerci persero d'importanza e gli artigiani iniziarono ad impoverirsi. La tassazione iniziò ad essere sempre più ingiusta e meno equa. Essa colpiva solo coloro che erano rimasti nei centri urbani. Le città persero d'importanza. Nulla rimaneva della loro antica austerità. Centri come Gades (Cadice) in Spagna, Nemausus (Nimes) in Francia, Camulodunum (Calchester) in Inghilterra erano divenuti piccoli centri malfamati e sporchi. L'avvento del Cristianesimo peggiorò la situazione e il monachesimo fu una delle cause dell'impoverimento dell'Impero (i monaci non pagavano tasse). A questo generale stato di crisi si aggiunse la calamità dei barbari, che piegò e spezzò l'Impero.

La discesa dei barbari
Tra il 400 e il 500 popoli barbari provenienti dal nord, dall'ovest e dall'est dell'Europa attaccarono tutte le frontiere dell'Impero romano d'occidente.
Le invasioni ebbero due cause:
  1. per sfuggire alle più feroci e potenti tribù asiatiche;
  2. per conquistare delle terre in cui si aveva maggiore benessere e che godevano di maggiore prosperità.
La maggior parte degli invasori scendeva dal nord Europa. Questi erano indoeuropei di stirpe germanica. Di essi facevano parte i Vandali, i Franchi, i Burgundi, gli Angli, i Sassoni. Tutte tribù che oggi abitano la Germania, la Scandinavia, i Paesi Bassi, la Francia e l'Inghilterra. Tra i più feroci conquistatori abbiamo gli Unni che saccheggiarono la Francia e l'Italia settentrionale nel 451-452. Altri invasioni ebbero come protagonisti i Franchi, gli Ostrogoti, i Visigoti ed i Vandali. Seguirono i Burgundi, gli Angli, i Iuti ed i Sassoni. Queste popolazioni erano chiamate dai Romani “barbare” perché conducevano una vita più primitiva rispetto a quella dentro i confini dell'Impero.

I barbari vivevano ancora in tribù e la loro economia si basava sulla caccia e su una agricoltura arcaica. La loro arte militare era ancora grezza e solo pochi di loro era in grado di leggere e scrivere. Per secoli Roma era riuscita a respingere queste genti, che, però, riversarono dentro verso il V secolo. La pressione, inoltre, si era fatta più forte, perché i barbari stessi erano cacciati a sud dalle selvagge orde tartaro – mongole che iniziarono a spostarsi dall'Asia centrale per dilagare ed irrompere in Europa. Inoltre i barbari sapevano utilizzare le staffe. Queste mantenevano saldamente a cavallo i germani, che non potevano essere facilmente gettati giù dai fanti romani. Inoltre, la cavalleria imperiale era troppo esigua e debole per potere competere contro quella barbara. Nel 455 d.C. Roma venne presa dai Visigoti e dai Vandali. Nel 500 d.C. tutto l'Impero d'occidente era suddiviso in regni, come quello dei Visigoti in Spagna, dei Franchi, dei Burgundi e degli Ostrogoti in Italia. Quest'ultimo venne fondato da Teodorico I nel 489 e durò sino al 554 d.C. 

domenica 5 gennaio 2014

Il Cristianesimo nell'Impero Romano.

Alla morte di Gesù, i Cristiani erano uno sparuto e minimo gruppo di persone che non andava molto oltre la centinaia. Verso il 400 d.C. il Cristianesimo era la religione ufficiale di tutto quanto l'Impero Romano. La rapida diffusione del credo è dovuto fondamentalmente all'instancabile predicazione del grande apostolo Paolo. Questi predicò in Siria, a Cipro, in Asia Minore, in Grecia ed in Italia. Il suo peregrinare fu reso possibile dai presidi che proteggevano le vie marittime e le strade. Ciononostante venne percosso, imprigionato e lapidato. Paolo non si dette per vinto e, insieme ad altri missionari, fondò Chiese lungo tutto il Mediterraneo nord-orientale dalla Palestina a Roma. Nei primi 100 anni del Cristianesimo la Chiesa era molto semplicemente una abitazione privata, ove la gente si riuniva per pregare. Con il trascorrere del tempo le cose cambiarono e si iniziò ad organizzare le strutture direttive. I Cristiani aumentarono sensibilmente di numero ed elessero un vescovo che sovraintendesse ad ogni comunità cristiana. Molte delle prime comunità cristiane sviluppatesi al di fuori del territorio palestinese era costituito da Ebrei. In seguito, però, gli Ebrei respinsero la dottrina di Paolo e i due credi ebbero strade del tutto diverse. Uno degli elementi vincenti del credo cristiano, che ne favorì la veloce diffusione, era la comunanza di aspetti con la religione e la filosofia antica. Per esempio, come i filosofi stoici i Cristiani predicavano la fratellanza universale; e come gli adoratori di Mitra, amministravano il battesimo. Il Cristianesimo seppe sovrapporsi agli antichi culti e alle antiche festività pagane. Per esempio il 25 di Dicembre si celebrava una festa pagana. Tale data venne scelta per celebrare la nascita di Gesù, ossia il “Natale”. Ben presto il Cristianesimo, anche se avversato dai Romani, divenne la religione più diffusa dell'Impero. I Romani, pur tollerando da sempre tutti i credi, mal vedevano gli adepti di questa nuova fede, perché essi rifiutavano di adorare gli imperatori. Non mancarono, quindi, le persecuzioni. La prima si ebbe nel 640 d.C. ad opera dell'imperatore Nerone (54-68 d.C.), che ne fece crocifiggere alcuni per dare spettacolo. Le persecuzioni proseguirono per altri 300 anni. Alcune di esse nacquero spontaneamente, come quella di Lione, in Francia, nel 177 d.C., quando una folla eccitata massacrò 48 Cristiani, accusati di avere commesso dei delitti. Feroce fu la persecuzione compiuta da Diocleziano (284-305). nel 311 d.C. l'imperatore Galerio proclamò un editto di tolleranza verso i Cristiani, che venne ribadito da Costantino con un altro editto di tolleranza (Editto di Milano, 313). infine, Costantino esortò tutti i cittadini ad abbracciare il nuovo credo con l'Editto degli Orientali, del 324.
Infine, l'imperatore Teodosio I (379-395) dichiarò il Cristianesimo l'unica religione ufficiale dell'Impero. Nel frattempo, la religione cristiana aveva raggiunto una diffusione enorme; giungendo ad Oriente in Persia ed in India, ad Occidente attraverso l'Africa del Nord e l'Europa fino sulle coste atlantiche. Sorsero i monasteri ad opera di Pacomio (292-346), che fu il fondatore della prima comunità di monaci in Egitto, su un'isola del Nilo. Protette dalle mura ad ogni tentazione del mondo, i monasteri si diffusero in Italia, in Gallia ed in Irlanda. Il Cristianesimo sopravvisse al crollo dell'Impero e rimase l'unica istituzione stabile ed organizzato dell'Alto Medioevo.

La diffusione del monoteismo

Gli ebrei, di stirpe semita, vivevano in una sperduta provincia romana sulle coste del Mediterraneo Orientale. I primi ebrei andarono errando nel deserto arabico come tribù nomadi. Verso il 3000 a.C. iniziarono a dirigersi verso la Palestina (allora Canaan) e nel 1300 a.C. a queste tribù se ne aggiunsero altre (sempre di stirpe ebrea). Il capo di quest'ultime era Mosè, che aveva liberato il suo popolo dalla schiavitù. Verso il 1025 a.C. Canaan era divenuto un forte regno, al cui potere si aveva il condottiero Saul. Verso il 930 a.C. il regno, per le troppe tasse, visse una serie di ribellioni e guerre sociali che portarono alla divisione della nazione in due regni: quello di Israele, nel fertile nord e quello di Giuda, nell'arido Sud. Anche se separati i due popoli continuarono ad avere un'unica tradizione religiosa e testamentaria. Alcuni di loro misero per iscritto la storia dei loro antenati nomadi (Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe); altri, invece, svilupparono la concezione del Dio Yahweh, ossia “colui che è”. In principio Yahweh era un Dio tribale severo; in seguito venne concepito come Dio benevolo, giusto ed onnipotente. Tra i profeti che introdussero questa nuova concezione della Deità vanno ricordati Elia, Amos, Isaia e Geremia. I loro scritti, uniti alla storia ebraica, alla legge e ai Salmi, costituiscono la Bibbia degli Ebrei, che divenne il testo fondamentale della religione giudaica (da Giuda, una delle tribù”. L'opera è conosciuta dai Cristiani con il nome di Vecchio Testamento. Esso rappresenta una delle più grandiose opere letterarie del mondo antico dell'Occidente e uno delle maggiori ricchezze trasmesseci dal passato. Gli Ebrei o Giudei furono vittima di una serie di crudeli e disastrose invasioni. Gli Assiri nel 722 a.C. li perseguitarono, così come fecero i Caldei nel 586 a.C. In seguito a questi attacchi, il popolo ebreo si disperse e nel I secolo d.C. circa 5/6 dei 2 milioni e mezzo di Ebrei vivevano in esilio, ed erano tutti sotto il potere di Roma. Essi ponevano le proprie speranze sulla certezza che Yahweh avrebbe mandato un messia (“colui che è consacrato”) a liberarli dall'oppressione straniera. Nel 29 a.C. circa un predicatore ascetico, Giovanni il Battista, annunciava l'arrivo imminente del Messia, che il popolo riconobbe nel cugino di lui Gesù.
Gesù aveva trascorso i suoi trent'anni in un piccolo villaggio facendo il falegname. Poi iniziò a spostarsi di paese in paese e si fece predicatore di idee sorprendenti. Egli, infatti, non parlava di un nuovo regno ebraico, ma di un “regno dello Spirito”; come gli altri predicatori comandava l'osservanza delle Sacre Scritture, ma ne aggiunse un'ulteriore, ossia quello di amare i propri nemici. I suoi discepoli suscitavano nel popolo collera e paura. Collera perché alcuni suoi insegnamenti sembrava che andassero contro la legge ebraica; paura perché grande era la sua ascendenza sulla folla. Ciò causò l'odio dei sacerdoti ebraici Sadducei, che erso il 30 d.C. cercarono un pretesto per farlo giustiziare dai Romani. La morte di Gesù non significò la dimenticanza dei suoi insegnamenti. Egli, infatti, aveva scelto 12 apostoli, ossia “coloro che sono mandati”, che predicavano incessantemente alle folle. Con il trascorrere del tempo gli insegnamenti di Gesù vennero messi per iscritto in 4 Vangeli (“buona novella”) che costituirono il libro per eccellenza della Cristianità. Ai Vangeli vanno aggiunte le lettere del predicatore Paolo, scritte agli amici Cristiani. Il Santo affermava la divinità di Gesù e testimoniava la sua resurrezione dopo la morte. Inoltre, riteneva che il messaggio di Christos (“Messia”) fece sì che i primi Cristiani, da piccola setta ebrea sperduta in un angolo dell'Impero Romano, diventassero una delle religioni più diffuse del mondo.

L'impero romano

Prima dell'avvento di Augusto come imperatore, milioni di Romani avevano abbandonato i loro piccoli possedimenti terrieri per andare nelle città. Il commercio e le conquiste avevano dato prosperità all'impero e creato abbondante lavoro per tutti. Roma vantava un milione di abitanti ed era abbellita da grandi case, splendidi templi, teatri e bagni pubblici. Una delle opere meglio fate e costruite erano le strade. Esse portavano da Roma verso il nord diramandosi nell'Europa occidentale, mentre altre conducevano sino al sud a Brindisium (Brindisi). Da questo porto salpavano navi militari e passeggeri verso la Sicilia, l'Africa del nord e della Grecia. Da qui partiva una grande strada, la via Egnatia, che attraversava tutta la Macedonia e giungeva sino a Bisanzio e da qui sino all'Asia Minore. Le truppe militari e la flotta romana facevano da presidio e assicuravano che il commercio fluisse in maniera perfetta attraverso le strade e le vie di navigazione in tutto l'Impero. I traffici erano sicuri ed i mercanti occorrevano in massa alle città del Mediterraneo, dove potevano facilmente cumulare denaro. Si vendeva merce pregiata: spezie arabe, gioielli indiani ed oro proveniente dall'Africa occidentale. Prodotti che venivano acquistati a prezzi esorbitanti perché ad ogni chilometro di viaggio il prezzo lievitava. Per capirci, un ricco romano arrivava a pagare l'equivalente di 240 euro per un chilo di tessuto di seta proveniente dalla Cina. L'Italia divenne sempre più dipendente dal grano dell'Egitto e dell'Africa del Nord, che veniva mangiato in grandi quantità sia dai ricchi che dai poveri. Ciò perché il grano non veniva più coltivato dai grandi proprietari terrieri italiani, che ritenevano più vantaggioso dedicarsi alla coltivazione di olive, vigneti e alla produzione di lana da esportare. Un commercio di tale portata favorì lo sviluppo delle città delle province, che divennero grandi quasi come quella di Roma. Basta ricordare Alessandria, Antiochia ed Efeso e la più recente Lione. Mai si era avuto tanto benessere per tante persone nel mondo antico come nei primi due secoli dell'Impero. Nelle province si trovavano vaste zone fertili. Importanti erano le coltivazioni in Europa, in Africa e in Asia Minore. I colonizzatori romani, però, diedero incremento anche a regioni meno fertili. Essi riuscirono a trasformare ampie zone desertiche del nord Africa in campi di frumento ed eressero prospere cittadelle come Leptis Magna e Timgad. Nell'Impero, ovviamente, si ebbe anche la povertà, e questa ebbe il suo massimo esempio proprio nei sobborghi nella capitale.
Abbiamo conoscenze certe e minuziose della vita quotidiana in una città romana grazie alle rovine di Pompei, città sepolta nel 79 d.C. da una eruzione vulcanica del Vesuvio. I ricchi pompeiani vivevano in case spaziose che si sviluppavano intorno ad un cortile o atrium. Spesso le pareti erano dipinte con scene mitiche ed i pavimenti erano fatti di scintillanti pietre a mosaico.

La gente più povera viveva negli isolati, chiamate isole o insulae, le cui stanze, a piano terreno, fungevano da bottega. In ogni città si aveva il forum, ossia un luogo situato al centro della città, che costituiva il fulcro delle attività. Nel foro di Roma si avevano gli uffici governativi, la biblioteca, la basilica ed una immensa sala in cui banchieri, mercanti ed avvocati svolgevano i loro affari. Si avevano, inoltre, grandissimi bagni, che fungevano da luogo di incontro, ed i circhi. Il Circo Massimo di Roma poteva ospitare sino a 150.000 persone, entusiasta di assistere ai combattimenti tra gladiatori o alle corse dei cani. All'esterno della città i ricchi proprietari terrieri costruivano ville in campagna o vicino al mare. Le province erano rese sicure dai presidi dell'esercito romano, mentre colonie di bottegai e commercianti sorgevano attorno agli accampamenti sulle frontiere del Reno e del Danubio. Soldati romani in pensione spesso si stabilivano in questi villaggi, che in alcuni casi diventavano grandi città, come Colonia, Vienna e Budapest. I Romani furono sicuramente tributari verso la Grecia per l'arte, ma nessuno li equiparò in architettura ed ingegneria. Sono esemplari l'imponente volta della cupola del Pantheon ed i 500 chilometri di acquedotti che facevano giungere quotidianamente a Roma oltre 1.700.000 ettolitri di acqua. 

Roma imperiale

Nel I secolo a.C. Roma era divenuta una potenza imperiale, e nei due secoli successivi le cose sarebbero cambiate in senso migliorativo. Giulio Cesare, salito al potere, progettò ed attuò una serie di riforme, che si erano rese necessarie e che cambieranno notevolmente il governo di Roma e delle province. Alcune situazioni erano divenute insostenibili e dovevano essere risolte. Per esempio i governatori delle varie province avevano accumulato delle ricchezze esorbitanti estorcendo denaro ai sudditi con le tasse. I progetti di Cesare non ebbero, però, buon fine, perché venne assassinato da alcuni senatori. La morte di Cesare, avvenuta il 15 Marzo del 44 a.C., diede inizio ad una guerra civile, in cui furono tre i protagonisti: Ottaviano (nipote di Giulio Cesare), Marco Antonio e Lepido (generali di Giulio Cesare). Questi fondarono il cosiddetto II triumvirato, che ben presto entrò in conflitto. Seguirono una serie di lotte, che ebbero fine solo nel 27 a.C., quando Ottaviano ebbe il totale controllo dell'Impero. Le guerre civili avevano stremato le popolazioni, a cui poco importava chi li governasse, ma solo che vi fosse un periodo di pace e serenità; cosa questa che Ottaviano capì e riuscì a dare. Egli non intendeva essere né re né dittatore. Nonostante avesse avuto il titolo di “imperatore”, in quanto comandante in capo dell'esercito, egli amava definirsi “principe”, ossia “primo cittadino”. Egli volle dividere il suo potere con il Senato, che in segno di gratitudine gli offrì spontaneamente il titolo di “Augusto”.
Divenuto Augusto, diede inizio ad una serie di riforme così efficienti e ben riuscite che per lungo tempo non furono necessarie che non pochi cambiamenti. Egli riorganizzò l'esercito e stese un progetto relativo alle paghe e alle pensioni dei soldati; riorganizzò le province, lasciò al Sento la nomina dei governatori di quelle più pacifiche, e si riservò di controllare personalmente gli avamposti più importanti come la Gallia e la Siria. Durante il suo impero, le truppe romane giunsero sino ad est fino al Danubio nei Balcani e attraversarono a nord il Reno. Per volontà di Augusto questi due fiumi divennero i confini “naturali” dell'impero. Nel frattempo, risolse i problemi interni a Roma. Sedò con il sangue le rivolte, preparò la strada ad un lungo periodo di pace e grazie ai suoi sforzi i Romani riacquistarono rispetto per la legge ed una nuova fierezza. Augusto morì nel 14 d.C. e lasciò un governo efficiente e ben organizzato. Suo successore fu Tiberio (14-37 d.C.) che introdusse delle migliorie. Altri imperatori allargarono ulteriormente i confini dell'impero. Claudio (41-54 d.C.) diede avvio alla conquista dell'Inghilterra; Vespasiano (69-79 d.C.) conquistò gli ebrei ribelli; Traiano, spagnolo di nascita (98-117 d.C.) estese i confini oltre il Danubio e ad est sino all'Eufrate. Vi furono anche imperatori di poca indole al governo: Caligola (37-41 d.C.) fu uno squilibrato; Nerone (54-68 d.C.) governò da dissennato: sperperò il denaro dello stato e ne trascurò l'amministrazione.
Nel 180 d.C. l'imperatore filosofo e letterato Marco Aurelio morì sul Danubio mentre combatteva contro le truppe germaniche alla città di frontiera di Vindobona (Vienna). La sua morte sancì la fine della parte più fortunata della storia dell'Impero. Il figlio di Marco Aurelio, Commodo, non seppe far fronte al crescente potere dell'esercito. Si ripeteva ciò che aveva caratterizzato la parte finale della Repubblica: i militari gradualmente stavano prendendo il controllo dello stato e, conseguentemente, stavano minando quello imperiale.

Roma repubblicana

La storia di Roma dal 241 al 146 a.C. è una storia di vittorie e di conquiste. Il possesso di nuove terre creò una serie di lotte interne, che, se da una parte arricchirono notevolmente chi già era ricco, dall'altra impoveriva sempre più la classe dei contadini. L'insoddisfazione di questi, in aggiunta ai complotti politici, causò la disgregazione della repubblica.
Nel 509 a.C., data della fondazione dell'Urbe, i Romani erano fondamentalmente dei contadini fortemente legati al loro fondo e alla collettività, che tutti servivano come soldati e alcuni come magistrati. Essi si sentivano orgogliosi di essere cives, ossia cittadini romani. La cittadinanza dava dei privilegi particolari, tra cui la protezione delle leggi e della religione romana. La legge doveva essere seguita alla lettera e verso di essa si aveva una tale venerazione che Tito Manlio, uno dei primi consoli, fece decapitarare il proprio figlio per averla trasgredita. Per quasi duecento anni dopo la fondazione della repubblica, il governo era stato in mano ai Patrizi, ossia ai discendenti delle famiglie più antiche e fondatrici della città. Gli altri cittadini, plebei, erano estranei alla politica. Ovviamente, però, anche loro chiesero di farne parte. Le dispute tra le due diverse fazioni, patrizi e plebei, durarono per circa due secoli e vennero condotte in maniera legale, senza il ricorso delle violenza. Per esempio, i plebei nominavano degli oratori, i tribuni, che facevano valere le loro istanze davanti al Senato. La disputa ebbe fine nel 287 a.C., quando il dittatore Quinto Ortensio emanò la lex hortensia, che stabiliva uguali diritti tra patrizi e peblei. In realtà, il conflitto era ben lungi dall'essere concluso. Ed infatti, pochi plebei potevano permettersi di esercitare il consolato o di accedere al Senato senza compenso alcuno. Di fatto, quindi, il potere rimase dei patrizi, che costituivano quasi tutto il Senato, che aveva il compito di sancire con l'approvazione o di annullare con il veto qualsiasi legge proposta dalle Assemblee del Popolo. Il patriziato coincideva coi ricchi proprietari terrieri, che divennero sempre più ricchi a spese dei poveri. L'aristocrazia, infatti, si era giovata delle guerre, come quelle puniche, che aveva procurato loro una grande quantità di manodopera a buon mercato. I prigionieri di guerra venivano fatti schiavi e vennero a sostituire la mano d'opera dei liberi cittadini. Inoltre, i feudatari si accaparravano la maggior parte dei piccoli poderi che erano stati saccheggiati da Annibale. Molti contadini furono costretti ad abbandonare l?Italia, altri a recarsi a Roma, alla ricerca – spesso infruttuosa – di un nuovo lavoro.
Nel 133 a.C. il tribuno Tiberio Cracco cercò di risolvere la grave situazione sequestrando certi terreni ai patrizi per dividerli ai bisognosi. Ovviamente ebbe l'odio dei grandi proprietari terrieri e venne assassinato. Stessa sorte toccò 10 anni dopo al fratello Caio, che aveva cercato, come il fratello, di porre rimedio a questo stato d'ingiustizia.
Il secolo successivo fu intriso di rivolte e guerre civili. Vari politici cercarono di conquistare il potere aizzando il proprio esercito contro gli oppositori politici, e non contro i nemici stranieri della repubblica. Nel 100 a.C. Mario, un generale divenuto politico, aiutò i poveri reclutandoli nel proprio esercito. Anche il rivale Silla fece la stessa cosa, ma utilizzò il proprio esercito per diventare dittatore e per ridare al Senato il suo antico potere. Ormai il potere della repubblica era nelle mani di coloro che possedevano l'esercito e nel 60 a.C. i generali Pompeo, Crasso e Giulio Cesare si riunirono in un triumvirato per dividersi il territorio romano. Dopo la morte di Crasso, avvenuta in oriente nelle guerre contro i Parti, iniziarono i dissapori tra Cesare e Pompeo. Cesare, valoroso generale, vincitore contro la Gallia e conquistatore dell'Inghilterra nel 54 a.C., marciò verso Roma con le sue legioni. Pompeo fuggì e Cesare rimase l'unico reggitore del mondo romano.

Le guerre di espansione ebbero dei rivolti negativi, in quanto furono motivo di squilibrio sociale, ma ebbero anche dei risvolti positivi. In particolare, permise ai Romani di entrare in contatto coi Greci, un popolo molto più raffinato e culturalmente più elevato. I Romani ne imitarono la letteratura, l'arte e l'architettura. Anche dopo la repubblica, il mondo greco con la sua cultura rimase un punto di riferimento imprescindibile. Nel frattempo, però, i poeti della Roma repubblicana Catullo e Lucrezio, e gli oratori, come Cicerone, avevano dato lustro al latino, che divenne una delle lingue più espressive del mondo. 

Roma alla conquista

Roma si affacciò al Mediterraneo come una potenza aggressiva ed egemone. Ciò la fece entrare in conflitto con i Cartaginesi ed i Greci. Dopo la cacciata di Pirro dall'Italia meridionale, i re di Macedonia, Asia Minore, Siria ed Africa capirono che si dovevano confrontare contro un nuovo nemico. Tra queste potenze, quella che maggiormente si mise in allarme, fu Cartagine, anche perché si trovava in una posizione molto vicina alla Sicilia.
Cartagine venne fondata dai Fenici nell'800 a.C. circa. Essa era diventata una grande potenza commerciale e un porto tre volte più grande di Roma. L'impero commerciale cartaginese abbracciava l'Africa del Nord, parte della Spagna, della Sardegna e della Corsica. Inoltre, da tempo i Cartaginesi avevano cercato di strappare la Sicilia ai coloni greci. Fu proprio in Sicilia che le due potenze, Roma e Cartagine, si scontrarono per la prima volta.
La prima guerra punica scoppiò nel 264 a.C. per la supremazia sulla Sicilia. I Romani si trovarono in svantaggio perché non possedevano navi che potessero essere paragonate a quella della flotta cartaginese. Ciononostante seppero mettere in piedi una flotta grazie alla costruzione di imbarcazioni sul modello di una nave cartaginese naufrata. Nonostante l'inesperienza dei marinari romani, che perdettero molte navi durante le tempeste per la poco dimestichezza in cose marittime, seppero sconfiggere i Cartaginesi in sei delle sette battaglie navali che combatterono contro di essi. Cartagine fu costretta a firmare la resa nel 241 a.C. e la Sicilia divenne la prima provincia romana. In Sicilia vennero inviati dei magistrati per riscuotere l'annuale tributo. Il tipo di governo instaurato in Sicilia divenne il modello per il governo di tutte le successive province romane. Cartagine, a seguito della disfatta, venne costretta a cedere la Sardegna e la Corsiva. Rimase, però, una grande potenza temibile e un nuovo conflitto contro di essa per il controllo del Mediterraneo era inevitabile.

A dirigere l'impresa punica era il grande e valoroso generale Annibale, che, governatore della Spagna, si diresse verso est a capo di un esercito di 40.000 uomini scortati da elefanti. L'esercito del ventinovenne Annibale marciò dalla Spagna sino alla Francia meridionale. Da qui oltrepassò il Rodano, le Alpi e giunse in Italia. Nel tragitto venne perso circa metà dell'esercito, che, però, era ancora un formidabile esercito. Tra il 218-216 a.C. Annibale provò le sue capacità strateghe riportando tre vittorie: sulla Trebbia, al lago Trasimeno e a Canne. Dopo queste vittorie vi furono altri 14 anni di duri scontri. I Cartaginesi non riuscirono a prendere Roma e non ebbero nemmeno l'aiuto della maggio parte degli italici, che essi avevano creduto erroneamente di essere pronti per l'indipendenza. Asdrubale, fratello di Annibale, decide di condurre un esercito attraverso le Alpi. I Romani però riuscirono a fermarlo e ad uccidere Asdrubale. La guerra prese una piega del tutto diversa con il generale romano Publio Cornelio Scipione, il quale, in un primo momento sgominò le basi cartaginesi in Spagna, e poi scese in Africa, dove nel 202 a.C. a Zama, vicino a Cartagine, combatté l'ultima battaglia della seconda guerra punica. Annibale era tornato frettolosamente in Italia, ma Scipione lo sconfisse definitivamente. Cinquantanni più tardi scoppiò la terza guerra punica. Questa volta Roma distrusse crudelmente e per sempre Cartagine. La terza guerra punica si ebbe tra il 149-146 a.C. e diede inizio al dominio di Roma sul Mediterraneo orientale. Quando i Greci chiesero aiuto ai re di Macedonia e di Siria contro la potenza romana, questa li sconfisse e, sia la Macedonia che la Grecia, divennero province romane. Nel 133 a.C. ai domini di Roma si aggiunse il regno di Pergamo, in Asia Minore, lasciato per testamento dal sovrano dopo la morte.

La nascita di Roma

La leggenda vuole che Roma sia stata fondata nel 753 a.C. da Romolo, uno dei due figli gemelli di Marte. In realtà, i fondatori risalgono a molto prima. I primi abitatori, infatti, penetrarono in Italia circa 4000 anni or sono ed erano genti indoeuropee dell'età del bronzo, imparentati coi Greci. Verso il 1000 a.C si erano diffusi a sud dell'Italia, giungendo anche in Sicilia. In tutto questo territorio avevano stanziato innumerevoli tribù di contadini conosciuto come Sanniti, Sabini, Latini, Umbri ed Osci. Nel 900 a.C. penetrò a nord del fiume Tevere un altro popolo, gli Etruschi. Essi provenivano quasi certamente dall'impero ittita dell'Asia Minore, ormai in rovina. A sud degli Etruschi viveva la rozza tribù dei latini. Questi vivevano di agricoltura e coltivavano le pianure del Lazio e le valli dell'Appenino. Roma stessa era un paese latino, collocata ai confini dell'Etruria. A differenza degli altri villaggi, Roma occupava una posizione particolare sul Tevere, che era un fiume navigabile e vicino al mare.
Secondo il mito, dopo la morte di Romolo, vi furono altri sei regnanti. L'ultimo di essi è un personaggio storico dal nome di Tarquinio il Superbo. Egli si attirò l'ira dei romani, che lo cacciarono dalla città e che fondarono nel 509 la Repubblica. Al posto del re venivano eletti annualmente due consoli, che, autocontrollandosi, non potevano divenire troppo potenti. Essi erano a capo dell'esercito romano durante la guerra e presiedevano il Consiglio degli Anziani, ossia il Senato. Nel corso dei secoli seguenti i Romani iniziarono una forte politica espansionistica, che li porterà ad assoggettare le vicine tribù montane e gli Etruschi.
Nel 390 a.C. si fa avnti la minaccia dei Galli, un popolo proveniente dal nord Europa, che era sceso e che aveva invaso l'Italia settentrionale. I Galli penetrarono nella penisola e, sconfitto l'esercito romano, prima di ritirarsi, misero a ferro e fuco Roma. Nonostante ciò, i Romani riuscirono a riprendersi e ricacciarono indietro gli invasori.

In un primo momento le città latine accettarono di mettersi sotto l'egemonia romana. Quando, però, la minaccia barbara cessò, esse divennero insofferenti del potere romano e le diedero guerra. Nel 388 a.C. Roma ebbe la meglio sugli altri popoli latini e divenne padrona dell'Italia centrale. I Romani preferirono non ridurre in schiavitù i popoli vinti. Ciò per evitare di inimicarseli troppo. Preferirono, infatti, isolare ogni città conquistata, in modo che ognuna di esse dovesse dipendere necessariamente da Roma per il commercio. I popoli latini non ebbero le capacità e le forze per combattere contro Roma e, pertanto, non poterono fare altro che rimanervi fedeli. Dopo aver assoggettato i Latini, i Romani volsero le proprie spinte espansionistiche verso sud, negli Appennini, contro i Sanniti. La conquista dei Sanniti li mise innanzia ad un altro formidabile nemico: i coloni greci dell'Italia meridionale. Questi coloni si sentirono minacciati dall'Urbe e chiesero aiuto alla madrepatria nel 280 a.C. Intervenne Pirro, re dell'Epiro, che partì con una flotta di 25.000 uomini e attraversò il Mare Adriatico. Pirrò riuscì a vincere le prime due battaglie, grazie soprattutto ai venti elefanti che aveva portato con sé e che lasciarono i Romani impreparati perché non li avevano mai visti. Perdette, però, la terza e dovette tornare in Grecia nel 275 a.C., lasciando a Roma il dominio dell'Italia meridionale; cosicché verso il 270 a.C. Roma governava tutta l'Italia dal Rubicone allo stretto di Messina. Tutte le tribù e le città italiane erano state unite in una confederazione. Soltanto a pochi vennero concessi pieni diritti e la cittadinanza romana. Ad alcuni vennero dati diritti limitati; alle città greche meridionali lo statuto di alleate. Roma cercò di mantenere il controllo dell'Italia con la fondazione di colonie, ossia di accampamenti militari permanenti collocati nelle zone più turbolente. Queste colonie erano collegate tra loro da strade ben costruite, la cui funzione fu dapprima essenzialmente militare, e dopo, invece, comunicativa e commerciale. Importante fu la via Appia, che si estendeva per ben 225 chilometri e che univa Roma a Capua. Venne costruita nel 312 a.C. per accelerare il movimento delle truppe della capitale. Verso l'87 a.C. tutti gli italiani stanziati a sud del Po erano chiamati cittadini romani.